sabato 2 aprile 2011

Appuntamento al molo

Sono le circa 17 quando Il telefono trilla, "Laura, rispondi tu, sono al pc e non posso staccare", Oliver grida dalla stanza, "uff che palle, ha sempre da fare, mai che mi desse però una mano in casa".
Prendi il cellulare e rispondi con tono di chi è stufo, "Pronto!", dall'altro capo del telefono rumore di traffico e suono di una radio accesa in sottofondo, per alcuni secondi nessuna voce, stai per aprire di nuovo bocca, quel silenzio ti stizzisce ancor di più quando senti la mia voce:
"Ciao piccola, sto venendo da te, preparati che usciamo", rimani imbambolata, ti appoggi al mobile, pensieri sparsi iniziano a comporsi nella tua mente, Oliver al pc, il caldo tepore di questa primavera, la biancheria intima, la gonna bianca.
Esclami "cosa?", mentre pensi "cazzo, mi vuole e adesso?". La mia risposta arriva immediata, "andiamo un po in giro, mi va di "? senti una sonora risata, "allora, scendi, muoviti", sussurri, con un filo di voce "non mi va" mentre nervosamente metti un dito in bocca per mangiarti un'unghia.
"Non ti chiamo per chiederti se vuoi, stronza, ti chiamo per dirti che DEVI uscire", a voce bassa mi dici "dove andiamo?"
"Non so ancora, ci vediamo tra poco davanti casa, tanto so dove sei adesso". La gente, il tuo solito incubo, qui c'è gente che ti conosce da anni, non vuoi che ti vedano salire in macchina con uno sconosciuto, sconosciuto per loro ovviamente ma non per te.
Sottovoce mi dici, "no, ti prego, ci vediamo giù al porto", la risposta del tuo padrone ti arriva "ok, giù al molo tra 20 minuti" e senti la chiamata che si interrompe.
Per fortuna hai qualche minuto per prepararti, "Oliver, scendo, vado a fare una commissione, me ne ero dimenticata" e ti infili in camera per vestirti.
Tuo marito nemmeno ti risponde e la cosa ti innervosisce, "l'hai voluto tu allora, manco a chiedermi dove vado a quest'ora", ti vesti, stivali, gonna lunga, maglia in filo di cotone, la primavera si fa sentire, il sole inizia ad essere caldo.
"prendo la macchina, così faccio prima", afferri le chiavi dalla scrivania, Oliver non distoglie lo sguardo dal monitor e nemmeno questa volta ti risponde.
Non lo saluti come sei solita fare, con un bacio sulle labbra.
"Guardalo lì tutto preso dal computer, manco mi ha guardato, non ha guardato nemmeno cosa indosso. lui ed il pc mentre la moglie va ad un appuntamento col suo Padrone".
Esci e ti avvii in macchina all'appuntamento. Non hai messo le calze, solo un paio di calze corte, per gli stivali bastano, sotto la maglia solo il reggiseno.
La voglia di rivedere, quell'uomo che ti ha stregato, che ha saputo renderti la "sua puttanella", prende il posto della rabbia per non essere stata considerata da Oliver, il solo pensiero di rivedere il tuo signore ti fa rizzare i capezzoli, con l'auto cammini per le stradine strette con un sorriso stampato sul volto.
Eppure, di tanto in tanto il rimorso si ripresenta alla tua mente, ti senti in colpa, la tentazione di tornare indietro è fortissima.
Fermi l'auto in un parcheggio tranquillo e ti incammini verso il molo. Il venticello fresco scivola sotto la gonna lunga dandoti piacevoli sensazioni, sembrano delle carezze che salgono lungo le tue cosce tornite. Una coppia che si bacia e tutti quei pensieri spariscono.
Adesso cammini veloce, pensi, mentre scendi per i vicoletti, "speriamo che non ricominci con le sue smancerie", i suoni dei tacchi rimbombano lungo le stradine che ti portano al porto, , "tutte le volte con la solita solfa, mettiamoci insieme, che palle...non vuole capire che con lui mi sento solo una puttana... una puttana e basta".
"Oggi, la puttanella, dovrà dare del suo meglio" penso mentre l'auto percorre l'ultimo tratto di strada prima di arrivare in paese, "non vuole capire che è la MIA puttanella".
Il paesino ha una serie di stradine che portano giù al porto, a quest'ora per fortuna queste stradine sono poco trafficate, "vediamo se ha capito, una volta per tutte che è la mia puttanella, questa volta non se lo dimenticherà più, me lo sento".
Giro l'angolo del vialetto che porta giù al porto pochi istanti prima che lei giri lo stesso angolo di strada.
Raggiungo il molo, alcuni pescatori sono intenti a riparare delle reti mentre qualche turista è giù, intento a pescare.
il tempo di fermare l'auto e vedo dallo specchietto la mia puttanella che arriva.
"eccolo", vedi da lontano la mia auto già ferma.
"magnifica con quella gonna lunga", affretti il passo per raggiungermi.
Senti i miei occhi su di te, ti guardi intorno timorosa, senti che ti sto già spogliando, mi vedi scendere dall'auto, mi giro e sorridendo esclamo "ciao puttanella", "ciao" dici a bassa voce, un pescatore si gira verso di noi, ha sentito chiaramente quella frase.
Ti metto una mano sul culo e lo palpo mentre ti bacio, mentre ti stringo. Come tuo solito, eviti la mia bocca.
La mano tira su la gonna, mentre ti bacio sul collo. Il pescatore si gode lo spettacolo del tuo culo.
"dai! non qui ci vedono", mi dici cercando di coprire le tue nudità, "sei la mia puttanella. Ci possono pure vedere, chi se ne frega!"
I tuoi capezzoli si rizzano immediatamente, ti vergogni, abbassi lo sguardo e ti infili di corsa in macchina.
Giro intorno all'auto ed entro pure io. Prima di partire carezzo il tuo seno infilando la mano sotto la felpa.
Reclini la testa all'indietro, le mie dita cercano i tuoi capezzoli e li trovano, non ho perso tempo a infilare la mano.
Ho scostato il reggiseno e carezzo i tuoi seni, il pescatore continua a godersi la scena.

Sorride, io dalla mia posizione lo vedo nettamente e gli faccio un regalo.
Tiro su la tua maglietta, "daiii!!! andiamo via da qui, ci stanno guardando tutti", ora solo il reggiseno copre il tuo seno, mi abbasso su di esso, ne scopro il capezzolo e lo succhio.
Noti un mio gesto mentre succhio il tuo capezzolo, un gesto di ok fatto all'indirizzo di qualcuno che è fuori dall'auto.
Ti giri e vedi il volto abbronzato dal sole di quell'uomo che ricambia il mio gesto.
Ti fai rossa in viso, non sai cosa fare, "chi è questo?" mi urli di chiedendomi di andare via.
In fretta cerchi do tirare giù la maglietta, io con tranquillità mi stacco da te e calmo ti dico:
"uno che si è goduto la vista di una magnifica puttanella", Mi guardi torva in viso, "Che stronzo che sei ! ora però, adiamo via da qui".
La mia risposta è sarcastica, "mica devi godere solo tu?", Stizzita rispondi in malo modo "lo spettacolo per lui è finito".
Mi rimetto al posto di guida e riparto, "stronza", riparto sgommando.
Ma la mia mano si infila tra le tue cosce e salendo si insinua nello slip.
"ti piace, essere una puttanella, guarda qua che lago che sei? Ora fai davvero la cagna in calore." tolgo la mia mano dagli slip ed infilo le dita nella tua bocca.
"Succhia!", docile come un agnellino obbedisci e sussurri, "si mi piace! Mi piace essere una cagna in calore. La tua cagna!", allarghi le cosce e tiri su tutta la gonna, "ora non ti spiace vero che ti vedano, puttanella?", "non mi vede nessuno così. E poi l'importate che tu non ti fermi".
"Ah, non ti vede nessuno?, "allora facciamo prima un giro per il paese così possono vedere quanto sei puttana, quanto tu sei la mia puttanella".
"No ti prego, portami in un luogo isolato, io non ho molto tempo a disposizione, ho detto a mio marito che dovevo fare una commissione" balbetti apprensiva.
"Apri il cassetto, ho un regalo per te, io ti voglio troppo bene per non farti dei regali", mi guardi e sorridi, "cos'è?", mentre tiri giù la gonna.
Ti arriva un ceffone, "chi ti ha detto di tirare già la gonna, cagna", non te lo aspettavi, "hai!!! non mi va potrebbero riconoscermi" dici mentre ti rimetti a posto i capelli, "qui? chi vuoi che ti conosca!" dico mentre la mia mano si allunga a prendere l'orlo della tua gonna, "non so... qualcuno", "embè? allora c'è più gusto a farlo" e ritiro su la tua gonna. "Forza. apri il vano porta oggetti, ho un regalino per te”.
Aperto lo sportellino, guardi quello strano oggetto, sembra un gioiello, ma quella strana forma cuneiforme dal lato opposto non capisci cosa sia, come possa essere indossato ne dove si indossi. "Però, bello, cos'è?"
"Un rosebud", di dico, "rosebud?", chiedi incredula mentre lo rigiri tra le dita.
"Ti ho promesso che te lo avrei regalato ed è giunto il momento"
"Cosè?", continui a chiedere curiosa, "il momento che tu inizi a metterlo", "ma non so cosa sia", dici mentre guardi con attenzione quell'oggetto, "non capisco, la sua forma a goccia con alla fine un gioiello, come si deve mettere, scusa!". Mi giro verso di te e ti guardo, "non hai ancora capito? Devi indossarlo" ti dico scandendo le parole. "Eppure lo hai visto già", per un attimo rimani a guardarlo e "forse... mie viene in mente qualche foto", dici mentre continui a fissare con attenzione quell'oggetto.
"Ma devo indossarlo adesso?" aggiungi.
"No, dopo che avrò giocato col tuo culo te lo metterò io". Per la prima volta distogli lo sguardo da quell'oggetto e mi guardi stupita, "in che senso?" mi chiedi interdetta.
"hai capito bene puttanella", mentre, percorrendo le stradine usciamo dal paesino per raggiungere un posto isolato.
Continui a fissare, prima me e poi quello strano oggetto, "No, non ho capito" i dubbi su quell'oggetto ancora ti tormentano.
Arriviamo in uno spiazzo in terra battuta, un posto dove parcheggio la macchina, lontano da occhi indiscreti.
"all'aria fresca, così sarà per te più piacevole", scendi dall'auto ed esclami "all'aperto?", non mi hai fatto finire la frase, ti guardo, mentre scendo dall'auto con aria innervosita per le tue continue domande.
Ripeto la frase, "all'aria fresca, si, perché così sarà, per te, più piacevole sentirti piena".
Ci siamo fermati proprio di fronte al mare, c'è un sentiero che ci porta verso il mare, il sole colora di rosso tutto ciò che ci circonda e poi alla fine del sentiero una terrazza, che cade a strapiombo sul mare, proprio li c'è una panchina. Il tuo corpo in controluce, mentre scendi lungo in sentiero ti fa ancor più lasciva, ti muovi come una gatta in calore, il rumore delle onde che si infrangono, copre quasi tutti gli altri suoni.
Quando arriviamo tu ti fermi vicino al muretto che delimita la piazzetta e guardi l'orizzonte, io sono dietro di te, tiro su la tua gonna, mi lasci fare, senza opporre resistenza. Un culo coperto dalla leggera stoffa dello slip, senza calze, il fresco della serata imminente si nota sulla tua pelle.
"Sciaff", uno schiaffo ben assestato ti fa saltare, "ahi", mi avvicino al tuo viso e sussurro nel tuo orecchio "CHE CULO DA PUTTANA CHE HAI".
Giri leggermente il capo verso di me, quasi cercando una carezza, "ma dai!!!"
Tiro giù lo slip e mi poggio a te, senti il mio cazzo che si fa largo tra le tue chiappe, lo senti strusciare per alcuni istanti.
Non sei abbastanza lubrificata, tu ti sposti e ti avvii verso la panchina.
"dove vuoi andare puttanella? E principalmente cosa hai in testa?"
ti dico mentre ti incammini.
Vai dietro ala panchina, allarghi le gambe e ti chini in avanti, in modo da appoggiarti allo schienale con la mani.
Capisco tutto, vengo dietro di te, ritiro su la gonna e mi abbasso, ricomincio da dove avevo lasciato.
Le mani che allargano le tue chiappe, la lingua che si insinua tra di esse.
Profumi, profumo di femmina in calore, mi chiedi sottomessa, "mi fai provare il regalo?"
"dopo, puttanella", ti giri e cerchi di guardarmi, staccandoti da me, "dopo?"
Alzo leggermente lo sguardo verso di te e, fissandoti negli occhi, "ora tocca a me provarti", un sorriso malefico solca il mio viso.
"non hai mica in mente... non lì", mi dici supplichevole, "certo che si", il sorriso ancora stampato sulla mia faccia, "sai che mi fa male, non sono abituata alle tue dimensioni", il tuo culo oramai è insalivato per benino, cerchi di supplicarmi con lo sguardo, "per favore, nooo".
Sono già in piedi, ritto dietro di te e appoggio la cappella del mio cazzo al tuo culo stretto.
Cerchi di giocare l'ultima tua carta a disposizione, "te lo prendo in bocca".
"sciafff", un schiaffo di avvertimento ti fa capire che non voglio sentire altre scuse.
"Ahi, nooo lì", gridi, "tu sei la mia puttanella e adesso fai quello che voglio", "per favore tutto quello che vuoi" piagnucoli sottomessa.
Ti tengo ferma per i capelli mentre inizio a spingere, "per favore mi fai male lì, ahiiii, ahi".
"Rilassati", con le mani cerchi di fermarmi, cerchi di bloccarmi, "fermo mi fai male", "rilassati", continuo a dirti rassicurante, "fa male, è grosso", mi fermo per alcuni istanti, "non era questo che avevo in mente" aggiungi mentre stringi i denti per sopportare il dolore del momento.
Sento la cappella che lentamente scivola dentro di te, "haaaa", lo senti entrare, mi fermo, aspetto che ti abitui, poi inizio di nuovo a spingere.
"Bruciaaa", gridi irrigidendoti, ""brucia?" ti domando, "siii" piagnucoli, "vediamo se così brucia di più" e ti arriva un sonoro ceffone su una chiappa.
"Aahiiiii", non fai in tempo a gridare che ti spingo tutto il cazzo nel culo, "uuhhhhuuuuu", stringi i denti per non gridare.
Questa volta non mi fermo ma inizio subito a pompare, ti senti sfondare, il tuo culo ha ceduto di schianto ed io godo di questo tuo antro caldo e voglioso.
Ti inculo con veemenza, alternando colpi veloci e profondi a lente penetrazioni. il dolore inizia a passare ma non riesci ad abituarti mai al ritmo che porto.
Lo sento scivolare sempre più facilmente dentro di te, inizi ad ancheggiare col culo.
Le mie dita scivolano sotto il cazzo alla ricerca delle tua figa, sei un lago. A quel contatto, un lamento di piacere fuoriesce dalle tue labbra, "siiiiii", ti masturbo.
Lo slip appena abbassato si sta inumidendo a causa dei copiosi umori che colano, "che puttana che sei, sei la mia puttanella. vero?"
Questa volta gridi, sono grida di piacere, "siii, siiiii, siiiiiii, sento che sto per venire, non ti fermare, ti prego".
Inizio a incularti con maggiore velocità, le dita che continuano a penetrarti la figa, sento il mio cazzo al di là della sottile parete di carne.
"mi sento sporca ma mi piace" nella tua mente queste parole, questo pensiero ricorrente, "si, mi sento sporca, mi sento sporca ma mi piace".
Di tanto in tanto succhio le dita alternando la mano che ti riempie la figa, il sole è già nell'acqua, sta scomparendo colorando di rosso tutto il paesaggio.
Sento forti gli spasmi del mio cazzo, dall'interno del tuo culo senti il mio orgasmo che arriva, veniamo contemporaneamente.
Riempio tutto il tuo culo di caldo seme, sento lo schizzo che ti riempie.
"AAHHHHHHH, CHE PUTTANELLA CHE SEI", ti senti riempire da quel caldo liquido, "mi faccio schifo", ancora quei pensieri che riaffiorano nella tua testa, il mio cazzo è affondato dentro di te fino alle palle, lo senti dentro di te, "mi sento sporca", ancora quel pensiero.
Nella mia mente invece un unico pensiero, "sei mia ed io ti voglio, ti voglio come mia puttanella"
Tiro fuori il cazzo ancora duro dal tuo culo, ormai la tua dignità è stata annullata, vedo colare succo dal tuo culo, succo che impregna i tuoi slip, ti tengo col culo aperto per alcuni istanti, lo ammiro mentre lentamente si richiude, le mie dita che si insinuano ancora nelle pieghe della tua figa, sei un incredibile fiume in piena, tiro fuori dalla tasca quel gioiello e lentamente lo posiziono nel tuo culo.
Lo senti appena, mi basta poggiarlo ed ecco che scivola subito dentro di te, quasi non te ne accorgi. Te ne rendi conto solo per il "non" calore, è freddo, e questo fresco è piacevole. Una fresca sensazione che ti da sollievo. Mi chiedi con voce tremante, "devo tenerlo?"
Rimango a guardare il tuo fiorellino che lentamente si stringe intorno a quel gioiello.
"Certo, e guai a toglierlo", non rispondi, tiri solo su gli slip bagnati, in silenzio.
Ti riassetti la gonna e a fatica ti incammini verso la macchina.
"Toglilo solo quando devi stare con lui, lo devi tenere sempre, perché tu mi appartieni, tu sei mia".
Senti le mie parole mentre mi dai le spalle, non posso vederti, hai gli occhi lucidi. Continuo a parlarti mentre ci incamminiamo.
"Perché tu sei....", ti viene da piangere ma resisti, mi accorgo di questo tuo momento di crisi e ti raggiungo.
Recuperi la poca dignità che ti resta e vai avanti. Cerco di avvicinarmi a te ed abbracciarti ma mi permetti di avvicinarmi a te.
Con gli occhi gonfi di lacrime, "l'ho voluta io io questa situazione" il tuoi pensiero si riesce a leggere senza che tu profferisca alcunché.
Guardo la tua reazione un po interdetto, poi ti stringo a me e ti bacio.
Cerchi di sfuggirmi ma la mia presa è forte e non ti lascia nessuna possibilità.
Ti stringi nelle spalle e ti fai cullare dalla mia stretta. Ti stringo a me e non dico nulla, sussurro solo alcune parole, "sei mia, Laura, mia!".
Rimaniamo abbracciati per alcuni minuti. Lentamente ti tranquillizzi e ti rilassi.
"Andiamo via, ti prego, si sta facendo tardi. Ho persino rimasto il cellulare in borsa, se Oliver chiama si insospettirà", dici mentre ti riprendi, quell'oggetto tra le cosce ti da una strana sensazione, nonostante tutto assai piacevole. Mentre cammini lo senti muoversi dentro di te, la lunga parte esterna massaggia le labbra ancora gonfie ed umide dandoti una piacevole sensazione, come dita che ti carezzano. Ti seguo senza dir nulla, ma, superandoti uno schiaffo forte e ben assestato centra il tuo morbido culo.
"Muoviti... puttanella", dico ridendo, mi giro verso di te e allungo la mano per darti una mano e trascinarti con me.
"Ahiooo... stronzo", mi guardi fermandoti per un istante e mettendoti le mani sul culo, al mio sorriso reagisci allo stesso modo, quei pensieri sembrano svanire nei meandri della tua mente. Le lacrime non riempiono più i tuoi magnifici occhi color nocciola.
Ridi adesso, ridi, e mi raggiungi correndo, mi superi e, come una ragazzina mi gridi, "a chi arriva primo alla macchina". Nonostante la gonna ed i tacci dei tuoi stivali veloce scappi via ridendo.
Non mi faccio ripetere due volte la cosa e corro dietro di te "ora ti acchiappo puttanella!".
Arriviamo alla macchina entrambi col fiatone, la salita sconnessa ci ha fatto faticare non poco. Entriamo in macchina e, sgommando sullo sterrato del piazzale, ripartiamo alzando un'incredibile nuvolone di polvere.
TI riporto in paese fermando la macchina nel piazzale dove hai parcheggiato la tua.
Traffichi nella tua borsa alla ricerca delle chiavi, "eccole, ciao mio Signore, sono stata ?".
"Si, puttanella, come io ti voglio", sei contenta della mia risposta e euforica mi dai un bacio.
"Ti aspetto, mio Signore" e scendi dall'auto. Ti guardo entrare in macchina ed andare via, non tolgo il tuo sguardo da te fin quando non scompari alla mia vista.
La sera è oramai calata e l'aria è frizzante, riparto pensando alla mia puttanella, "ciao Laura, corri, corri che a casa ti sta aspettando il tuo Oliver".

Stradina

Ti aspetto qui, so che tutte le mattine passi per questa stradina, c'è un portone di un vecchio palazzo e, a parte l'inquilino al 3 piano, un vecchio che raramente esce a quest'ora della mattina, non c'è nessuno. E' lì che ti aspetto. Da lontano sento un ticchettio di tacchi sul selciato, rimango nella penombra. Il suono dei tuoi passi diventa via via più forte, passi sotto la luce le lampione ancora acceso.
"Laura....
Vieni, ti stavo aspettando".
Rimani lì, imbambolata, la mia voce e calma aggiunge "seguimi..." mi giro e la mia figura scompare nel buio dell'androne. Attimi di silenzio, solo i miei passi che si allontanano poi il ticchettio dei tuoi passi mi segue.
Il freddo si fa sentire nelle ossa, fuori eco di passanti che parlano tra loro. Nella penombra mi vedi entrare in una porta socchiusa, una luce fioca taglia il buio del cortile interno, stridio di cardini immobili da troppo tempo, mi segui silenziosa. Odore di chiuso, freddo che fa battere i denti, letto in ferro battuto, disfatto, ancora il segno di chi ha dormito in quelle lenzuola, un lume acceso sul comodino, mazzo di chiavi sul tavolo. Sfilo la sciarpa e la piego, ordinatamente, sullo schienale di una sedia. "poggia li le tue cose e vieni sul letto".
Per la prima volta sento la tua voce, tremante, "non voglio", fino ad ora non ti ho mai guardato, mi giro, ritorno verso di te, indietreggi di un passo ma non scappi.
Mi fermo davanti a te, i miei occhi nei tuoi, sono lucidi, le pupille dilatate, sento il tuo respiro, affannoso, il sangue pulsa impazzito.
Nonostante il freddo perle di sudore affiorano sulla tua fronte, la bocca socchiusa a cercare l'aria che sembra mancarti.
Le mie dita sfiorano quelle labbra rosse, il mio volto si abbassa lentamente verso il tuo, quasi lo tocca, "non voglio il tuo sesso, voglio il tuo dolore".
Parole sussurrate, quasi impercettibili ma che nella stanza vuota sembrano rimbombare come il tuono di una improvvisa tempesta estiva.
Ti fisso ancora per un istante poi mi giro e mi siedo sulla sedia che è di fronte al letto. "Muoviti", il mio ordine secco ti fa saltare, ti fa risvegliare da quel torpore in cui la mI vista ti ha fatto cadere.
Tremi, non riesci a capire cosa ti stia succedendo, un forte impulso di andare via, di scappare da questo posto pervade il tuo animo, ma il tuo corpo sembra rifiutare quell'ordine. Automaticamente, come in trance, ti avvicini al letto e ti ci siedi sopra, rimani li, gambe unite e mani nel grembo, la testa bassa.
Per un interminabile minuto, rimani immobile, assorta nei tuoi pensieri.
"Sto aspettando", la mia voce, calma, ti avvolge come una calda coperta, ti da calore, alzi lo sguardo ed accenni un sorriso, ricambio quel sorriso e le mani che automaticamente iniziano a cercare i bottoni della tua camicia ed inizi a spogliarti.
Rimango seduto, in silenzio a guardarti, non ci sono parole tra di noi.
Ti continuo a fissare, dritto negli occhi, i tuoi che regolarmente si abbassano dopo pochi istanti.
Togli la camicia e sfili le bretelline del reggiseno poi porti le mani dietro la schiena per slacciarlo "NO, non toglierlo, non devi restare nuda", "cosa vuoi fare?", chiedi timorosa, "punirti" è la mia risposta. "Togli la gonna e le calze, muoviti". "No, non voglio" dici sfidando il mio sguardo, rimani ferma con le mani in grembo. Mi alzo lentamente e, dandoti le spalle apro un armadio alla tua sinistra, ne prendo una corda che butto sul letto accanto a te, quando mi giro, in mano ho un frustino. Con violenza lo sbatto sul tavolo. Il rumore secco ti fa sobbalzare.
"Cosa vuoi da me", non ti rispondo, prendo altre corde e le lancio sul letto, ti scansi, timorosa per quello che sta per succedere.
"Co-cosa vuoi fare?". Rimani Paralizzata, non riesci a muoverti, la tua mente ti dice di scappare ma il tuo corpo non risponde.
Le tue mani continuano a torturarsi, mordi le labbra mentre rimani a testa bassa in attesa.
Non riesco a vedere i tuoi occhi, coperti alla mia vista dai folti capelli. "Stenditi" dico con calma. Tentenni per un istante poi, ti lasci andare all'indietro. "Pancia in giù", "ti prego non farmi male" sussurri mentre ti giri su te stessa. "Stesa, completamente stesa".
"Ti scongiuro, mio signore, non punirmi, non farmi male".
Mi cerchi con lo sguardo supplichevole.
E' la prima volta, dopo tanto tempo che dici quella parola. Non ero più abituato a sentirla. "Stenditi per bene Laura", in silenzio obbedisci. La faccia che affonda nelle lenzuola, Sai che ho dormito lì, ne percepisci il mio odore, le tue nari, completamente aperte ne percepiscono il profumo. "Braccia e gambe aperte, da brava". Ubbidisci senza reagire. La faccia nascosta dalle lenzuola sfatte. Con calma prendo le corde e con altrettanta calma inizio a legarti. Preparo dei cappi in cui infilo le tue mani, poi lego l'altra estremità della corda al letto.
Stringi la corda tra le mani per non farti bloccare completamente. "sciaff", uno schiaffo inferto con fermezza sul tuo culo seminudo ti fa mollare la presa.
Sistemo i legacci con infinita calma, per te il tempo sembra essersi fermato. Lo schiaffo inferto sulla pelle fredda inizia a far sentire il suo bruciore. Impercettibilmente ti muovi, ondeggiando leggermente coi fianchi, immediato un altro colpo raggiunge le tue natiche. Il freddo della stanza acuisce ancor di più la sensazione di bruciore del colpo dato a mano aperta "ahiaaa!!". "Divarica le cosce, muoviti". Tentenni, non ubbidisci, "sciaff!!", ancora uno schiaffo.
"Non vorrai mica arrivare in ufficio troppo tardi?", è ti arriva un ulteriore schiaffo. Il tuo culo ora è già arrossato, immediatamente divarichi le cosce. Ti sento mugolare, mentre immobilizzo le gambe legando le corde alle tue caviglie. Per un breve momento accarezzo i tuoi piedi e le tue caviglie fin su i polpacci, sei tesa, tesissima. "Rilassati, puttanella altrimenti potresti sentire molto dolore" sussurro a bassa voce mentre, girando intorno a te accarezzo le tue cosce. La mia mano sale su, lungo l'interno coscia fino all'inguine fermandosi a pochi centimetri da esso. Non ho intenzione di darti piacere. Ora voglio punirti.
Giri la testa a destra e sinistra cercando il mio sguardo, cercando i miei occhi.
Sottovoce continui a chiedere perdono, "perdonami ti prego", il frustino è lì, sul tavolo. Ora è tra le mie mani. Mentre giro intorno a te lo piego tra le dita, lo faccio scorrere nel palmo della mano, lo senti vibrare, fischiare mentre taglia l'aria sopra di te.
Indossi ancora i collant, poso il frustino accanto a te, accanto al tuo viso. I tuoi occhi lo fissano terrorizzati. Non riesci a vedere cosa sto facendo, mi senti armeggiare in un cazzetto. Sobbalzi quando senti la mia mano in mezzo alle cosce, una forbice sta tagliando i tuoi collant che si aprono mostrando il tuo culo scoperto, solo la leggera stoffa nasconde a me la visione della tua carne nuda.
Hai paura, vedi la mia mano prendere il frustino, sai che ora inizia la tua punizione, Aspetti timorosa un colpo che non arriva. Senti il frustino che accarezza il tuo culo, sei tesa. Ancora aspetto, l'attesa della punizione è forse per te la vera punizione. Lentamente si scioglie la tua tensione, le tue membra si rilassano.
ORA!
Il primo colpo ti prende alla sprovvista, un urlo erompe dal di dentro "AHIIIAAA!!"
Un alone rosso riga il tuo culo, un segno netto, distinto.
"Sei stata cattiva con me, Laura", alle mie parole segue un nuovo colpo. Ti colpisce dal basso verso l'alto segnando pure la tua coscia, il suono secco sembra rimbombare all'infinito lungo le pareti della stanza. "sei scappata con la coda tra le gambe come tuo solito", la mia mano sposta il tuo slip infilandolo tra le natiche, "stronza", un nuovo colpo le percuote, ed ancora un altro, sulla carne nuda.
Ti lamenti sottovoce rimanendo immobile, la faccia che affonda nelle lenzuola. Guardo il tuo corpo, son bastati pochi colpi e già fanno bella mostra di se i segni del frustino.
"LO CAPISCI CHE SEI MIA? CHE SEI TU A VOLERLO?" ti urlo.
Il frustino cade sul pavimento, con la mano accarezzo la tua pelle morbida, sei calda, "sciaff", un nuovo schiaffo sul tuo culo, a mano aperta.
"Ahhh!", "non farmi male, perdonami, mio Signore".
"Mio Signore..." ancora quella parola. La tua voce ha uno strano effetto su di me, riesce a calmare la mia ira nei tuoi confronti. Mi siedo sul letto e fisso la tua schiena, lentamente le mani ti toccano. Quel contatto sembra per te una scossa, vibri come una corda che sta per spezzarsi ma non voglio che accada. Non voglio farti del male adesso. Massaggio la tua schiena delicatamente, le mie dita, i miei polpastrelli scorrono su di te, ne sentono la tensione e la assorbono riuscendo ad allontanarla.
Ti rilassi, ti bacio sul collo, dietro l'orecchio. Ho bisogno del tuo profumo, dell'odore di femmina che il tuo corpo emana.
Slaccio il reggiseno che ancora indossi e lo sfilo dal tuo corpo, lo vedi volare sul pavimento accanto al letto.
Senti il calore delle mie mani scendere verso i fianchi, le mie dita insinuarsi sotto il bordo delle mutandine. Le dita scorrono lungo il bordo arrivando ai fianchi per poi risalire verso le tue mammelle, alla ricerca di quella zona che sanno ti procura piacere.
Per quanto possibile fai in modo che la mia mano trovi quello che cerca. Sento nel palmo della mano il tuo seno. E' morbido, caldo. L'altra mano continua a massaggiare la tua schiena ed il tuo collo con estrema delicatezza e cura. Sento il capezzolo rizzarsi, sapevo che sarebbe successo, le dita giocano intorno ad esso pizzicandolo e stringendolo di tanto in tanto. Tra i capelli arruffati che coprono il tuo volto scopro nella tua bocca semi socchiusa, la lingua bagnare le labbra. Il respiro si fa più pesante, inizi a muovere il bacino. Vuoi essere accarezzata . Le mie dita scorrono lungo la tua schiena senza abbandonare il contatto con il tuo corpo. Brividi la percorrono inarcandosi al massaggio della mia mano. Mano che prosegue il suo cammino insinuandosi tra le tue cosce. Le allarghi per quanto puoi facilitando il passaggio della mia mano. Il leggero lembo di stoffa che copre il tuo sesso è già umido, lo scosto ed infilo le dita tra le pieghe della tua carne.
Affondo nell'umido tepore del tuo corpo, gemi, il piacere si sta impossessando di te. Mentre affondo le dita nella tua figa il pollice va alla ricerca dell'altro tuo fiore, mi abbasso con la faccia sul tuo culo e lo bacio mentre lo massaggio.
Ti rilassi ancor di più iniziando a mugolare di piacere.
"No, no, no!", cerchi di resistere alle sensazioni del tuo corpo, cerchi di resistere a quella che può essere la tua definitiva resa. Affondo il pollice nel tuo sfintere che cede senza opporre resistenza, sento le mie dita nella tua figa separate dalla sottile parete. TI passaggio contemporaneamente, spasmi invadono il tuo sesso al contatto delle dita, la tua mente sta perdendo il controllo del duo corpo. Umori colano fuori copiosi.
"Scopami, ti prego, scopami, mio signore".
"Mio signore", ancora quella parola, quella frase, "Mio signore".
Mi stacco da te e per alcuni secondi ti guardo immobile.
"Scopami!, solo ora mi muovo, slaccio la cintura dei pantaloni e mi spoglio. Monto sul letto e ti penetro mentre sei ancora legata, a cosce aperte sul letto sfatto.
Il mio sesso affonda dentro di te. "Uhmmm!!! un mugolio di piacere esce dalle tue labbra. Ti prendo con forza. Colpi forti e profondi, vedo il tuo culo sobbalzare ad ogni colpo. Stringi i pugni e ti tieni alle corde che ti tengono legata. I capelli sempre più arruffati mentre ti sbatto con veemenza. Di tanto in tanto mi fermo restando dentro di te. Assorbo tutto il calore del tuo corpo. Riprendo poi a scoparti, ora affondando completamente dentro di te ora penetrandoti appena. L'odore dei nostri corpi si fa più netto,ne percepisco distintamente il profumo, il tuo profumo.
Inarchi la schiena per quanto ti è possibile facilitandomi il compito. Sono immobile dentro di te, le mie mani che carezzano la tua schiena. Sento gli spasmi dell'orgasmo che sta sopraggiungendo. "No, non ora", mi fermo e lentamente esco da te. Vado alla ricerca delle forbici, voglio tagliare le corde che ti immobilizzano le gambe. "Eccole", ritorno da te e recido le corde che ti bloccano. "Alza il culo" ti ordino mentre con le mani ti aiuto a metterti in posizione. Ubbidisci e, oscenamente, mostri il tuo culo nudo. Luccicanti bave di piacere colano nei neri riccioli. Li raccolgo con le dita e assaporo con avidità i tuoi umori. Sei profumatissima, Le dita insalivate giocano di nuovo col tuo culo. Prima una, poi due, ed ancora, il terzo dito entrano nel tuo caldo anfratto, sento cedere l'anello dello sfintere. Le mie dita affondano senza pietà nel tuo corpo. Ti lamenti, senti che stò forzando il tuo antro raramente violato.
Sfilo le dita e lascio spazio alla mia lingua, gioco per qualche minuto con essa, sento salire i tuoi gemiti, poi, poi salgo in piedi sul letto, in piedi.
Tu, ancora con le braccia legate rimani con la faccia poggiata sul cuscino, le cosce leggermente divaricate, in attesa. Mi posiziono su di te, piego il mio membro verso il basso, in una posizione inusuale, "il tuo culo è un inno alla perfezione, Laura!". Punto la cappella al suo ingresso e, lentamente, spingo.
La vedo scomparire di colpo, come risucchiata, un "plop" ne accompagna l'ingresso, lentamente scendo verso il basso, costantemente, senza aspettare l'abituarsi del tuo corpo al membro che ti penetra, "ghh-hhh, ahhh, piano, ti prego", mi supplichi mordendoti le labbra. Mi fermo, resto immobile, sento i tuoi muscoli contrarsi intorno al mio sesso, spasmi che velocemente scompaiono. DI colpo scendo penetrandoti completamente, sento lo scroto schiacciato dal mio peso sul tuo culo.
"Ohh, mio Dio, mi stai parendo tutta", non ascolto le tue parole ed inizio ad incularti, lentamente, su e giù, lascio uscire completamente il cazzo dal tuo culo per poi infilarlo di nuovo a fondo. Con il passare del tempo incontro sempre minore difficoltà a possederti. Il tuo fiorellino, ogni volta rimane più a lungo aperto, lasciando aperte pure le labbra della tua figa. Di tanto in tanto le mie dita la cercano, affondano dentro di essa per prenderne il succo che voluttuosamente succhio. Sei passata dai lamenti di dolore ai lamenti del piacere.
"Siii! Ohhh, ancora, ti supplico fammi godere", parole sempre più infuocate riempiono la tua bocca, una bocca che non ho intenzione di lasciare.
Sento la cappella gonfia all'inverosimile dentro di te ma mi fermo, esco da te e scendo dal letto. Rimani ad aspettare, non sai cosa io voglia. Solo quando ti libero una mano e mi piazzo davanti alla tua faccia capisci cosa cerco da te. Lentamente ti giri e con il braccio libero mi cingi un fianco, la tua bocca, lentamente si avvicina a me, Alzi la testa, lo so cosa stai facendo, nonostante abbia gli occhi chiusi percepisco i tuoi commenti. Calda sento la lingua toccare le mie palle. La sento pian piano salire, saetta a destra e a sinistra lungo l'asta. Si ferma, tentennando, proprio sotto la cappella, sai che quello è un posto assai sensibile, rapidi colpi di lingua fanno vibrare il mio membro. Afferro la tua testa con le mani, ti lasci guidare e sento la cappella entrare nella tua bocca, rivoli di saliva colano lungo il cazzo. Lo sento entrare nella tua bocca.
Sento che la apri per prenderlo tutto, lentamente inizio a scoparti in bocca, la tua lingua non smette un attimo di saettare. Sento la tua mano carezzarmi lo scroto, le dita che leggermente stringono mentre ti spingo sul mio membro. Fremiti percorrono la mia schiena, , sento arrivare l'orgasmo, stringo i tuoi capelli e ti immobilizzo. Ti accorgi di ciò che sta per accadere e rimani immobile aspettando il fiotto che ti riempie la bocca. "AHHHH, vengo, si vengo" Come un fiume in piena che rompe gli argini sento rivoli di passione uscire dalle tue labbra, sento il mio seme uscire dalla tua bocca e colare fuori coprendo la tua mano che ancora carezza i testicoli.
Sudato mi accascio su di te, ma non ancora contento ti bacio con passione. Un bacio interminabile, lungo quanto il termo che ci ha tenuti lontani.
Mi adagio accanto a te mentre entrambi riprendiamo fiato.
Rimani con la faccia sul mio petto, gli occhi chiusi.
Il silenzio si fa sentire, i nostri respiri l'unico suono. "Dip-dip-dip", il tuo cellulare che squilla, mi alzo e lo cerco nella tua borsa.
Non guardo chi possa essere, interrompo semplicemente la chiamata. Torno da te e ti libero dall'ultimo legaccio. "Vai o farai tardi, troppo tardi al lavoro".
Ti alzi in silenzio, cerchi i tuoi indumenti, Ti passo il reggiseno, lo indossi, poi ti giri ed aspetti, lo allaccio sulla tua schiena, le mani sfiorano la tua pelle, il tuo corpo caldo, un brivido corre lungo tutta la tua schiena nuda.
"Muoviti!", uno schiaffo centra il tuo culo ancora scoperto. "Ahiiiaa!", sobbalzi, ed in fretta ti ricomponi. La camicetta, poi la gonna e tutto il resto.
Del nostro incontro , celato, rimane solo il taglio nei collant. Ti osservo senza dire nulla. Riprendi le tue cose, indossi il pesante cappotto che ti protegge dal freddo e fai per andare via. Ti fermi, poi ritorni sui tuoi passi. Ti fermi davanti a me, mi fissi per un istante, poi ti chini e mi baci, un bacio dato in punta di labbra. Sussurri stizzita "ciao mio signore" per poi aggiungere subito dopo, "stronzo", ti fisso divertito mentre ti giri e vai via. "Ci vediamo stasera, quando esci dall'ufficio, puttanella" dico ridendo.
So che verrai. Non ti giri più e vai via, nell'aria solo il ticchettio dei tuoi passi. Mentre esci dal portone un sorriso compare sul tuo viso.
La mia puttanella è tornata.

Caffè Pedrocchi

La giornata è trascorsa veloce ed Elisa non ha avuto modo di pensare a quanto le era accaduto, un via vai continuo di gente nell'ufficio, telefonate a clienti e fornitori e le continue richieste dei suoi superiori le avevano fatto accantonare quel turbinio di emozioni che quell'incontro le aveva procurato. Solo quando era andata i bagno si era ricordata che non aveva più addosso le mutandine.
“Meno male che quando sono salita sulla sedia per prendere quel faldone sull'armadio in stanza con me non c'era nessuno”, la mano scende ad accarezzare il sesso, i pochi riccioli fanno da contrasto al morbido e liscio delle labbra, il dito che affonda, raramente le capitava di fare simile gesto, gli umori sono ancora abbondanti, è ancora eccitata. Le è bastato far ritornare alla mente che è stata accarezzata da SignorE. Che, come un fiume in piena, è arrivato l'orgasmo, “Fortuna che a quest'ora il bagno è poco frequentato dalle colleghe”. Elisa continua a carezzarsi immaginando cosa possa accadere quando, finito il lavoro, andrà al Caffè Pedrocchi.
Le resta poco più di mezz'ora di lavoro, poi, via a scoprire l'ignoto. È una delle prime, Elisa, a lasciare l'ufficio stasera, “hai la neve in tasca stasera?” le dice sarcastico il capo quando la vede che, frettolosamente, posa le carte sulla scrivania ed indossa il soprabito. “No è che ho delle commissioni da fare in centro stasera” è la sua risposta, “scappo a domani”, aggiunge trafelata.
“Vai, vai, non voglio trattenerti” le dice sorridendo e si rimette al computer.
Corre giù per le scale e si affretta a raggiungere la fermata dell'autobus. Durante l'attesa è impaziente, non riesce a stare ferma, ogni attimo le fa ritornare alla mente quanto accaduto questa mattina. Quella voce calda e tranquilla l'ha letteralmente stregata, non ha mai sentito prima di allora la voce di SignorE., ha parlato con lui, ma solo in chat.
Sin dal primo momento SignorE. ha saputo leggere nei suoi pensieri e lei si è fatta trasportare, si è fatta condurre. Elisa ha tanta voglia di sapere, di imparare, di sentirsi presa. Docile e remissiva, stamattina ha ubbidito agli ordini che le ha impartito, la sua mente ed il suo corpo sono stati investiti da emozioni mai vissute sino a quel momento. Ora non vede l'ora di riviverle ed impaziente aspetta il nuovo incontro.
“Ecco l'autobus, tra dieci minuti sarò in centro”. Sale Elisa sulla corriera che la conduce al suo secondo incontro con SignorE. le quattro fermate che la separano dalla sua meta sembrano non arrivare mai. A quest'ora il traffico paralizza la città, come in tutte le città nell'ora in cui gli impiegati escono dai loro uffici e si apprestano a tornare alle proprie case. L'autobus è affollato e il contatto dei corpi, anche se infagottati dal paltò fa ricordare alla piccola Elisa, “scricciolo”, come l'ha chiamata SignorE. che sotto la gonna non ha intimo, dal suo ventre partono ondate di piacere che inconsciamente percorrono tutto il suo corpo. Piccole gocce di sudore imperlano la sua fronte mentre i capezzoli si drizzano sotto il vestito.
Per fortuna giunge la fermata in cui deve scendere ed il freddo della sera le fa per un po' dimenticare l'eccitazione. Elisa percorre veloce i due isolati che la separano da via 8 febbraio. Un attimo di esitazione la assale quando, davanti le appare il caffè “senza porte”.
“Mi ha detto di andare alla sala Ercolana, chissà se è già arrivato”. Entrando nel caffè Elisa si guarda intorno un po' spaesata. Via vai di gente, odore di caffè, un vocio continuo. Si guarda intorno Elisa, cerca qualcuno che possa darle indicazioni, appena scorge un cameriere chiede “scusi, dovrei andare alla sala Ercolana, mi sa indicare dov'è?”, il ragazzo velocemente le indica le scale, “secondo piano”, e scappa. Lo scalone con la sua maestosità sale ai piani superiori, Elisa guarda estasiata le varie sale e cerca quel volto che ha incontrato stamattina.
Attraversa la sala Etrusca e quella greca, chiede ancora indicazioni, oramai è vicina, le indicano il percorso da fare. Attraversa la grande sala Rossini, con il suo magnifico lampadario e, timorosa, si immette nella sala tanto cercata, il continuo girare le ha fatto quasi perdere l'orientamento, anche la cognizione del tempo è sbiadita, le sembra di essere in quel locale da un'eternità. Lentamente entra, guardando attentamente i volti delle persone presenti. Per fortuna la sala è piccola ed Elisa scorge SignorE. seduto sulla poltrona vicino alla finestra. È intento a leggere un giornale e non ha ancora alzato lo sguardo. Timidamente avanza verso di lui e sottovoce, guardando chi le è di fronte dice “buona sera SignorE.” l'uomo di fronte a lei, senza alzare lo sguardo risponde calmo, “scricciolo, sei in ritardo di 15 minuti. Togli il cappotto e poggialo qui, accanto a me”.
Elisa rimane imbambolata ma obbedisce all'ordine ricevuto, Si sfila il cappotto e ordinatamente lo ripone sulla poltrona accanto all'uomo. Ritorna al suo posto, in piedi di fronte a quello che da oggi in poi sarà il suo padrone.
“Siediti!”, solo ora SignorE. alza lo sguardo e, quasi automaticamente Elisa lo abbassa suggellando la sua sottomissione. “Cosa vuoi da bere? Ti va bene un caffè o vuoi un the?”. “Un the, grazie” è la sua risposta. “Un the, grazie, mio signore”, il rimbrotto arriva immediato e secco tanto da far sobbalzare la piccola Elisa. “S-si, un the, grazie, mio signore”. SignorE. chiama un garzone ed ordina, the con pasticcini ed un caffè. Mentre il ragazzo va via tira fuori dalla tasca gli slip di Elisa e li poggia sul tavolo tondo. Il lampioncino acceso, al centro del tavolo, illumina in pieno quel piccolo triangolo di stoffa. Elisa guarda incredula quell'oggetto sul tavolo. Solo in quell'istante ricorda di non avere più l'intimo addosso. Arrossisce ed allunga una mano per nasconderlo alla vista degli astanti. “Lascialo lì”, solo adesso Elisa si rende conto che SignorE. non la perde mai d'occhio, lentamente ritrae la mano e la rimette in grembo, le gambe strette a celare la sua nudità, lo sguardo abbassato “si, signore”.
“Allora come è andata la giornata di lavoro, scricciolo?” Elisa racconta a SignorE. come si è svolta la sua giornata lavorativa che mostra interesse al suo racconto. Passano i minuti ed Elisa, trasportata dai modi gentili che il suo padrone mostra in quei momenti, dimentica del tutto le mutandine lasciate in bella mostra sul tavolino, lì accanto al giornale. Alcune persone in sala hanno notato quell'oggetto e commentano tra di loro, guardando ora Elisa, ora SignorE.
Arriva il cameriere con le bevande ed i pasticcini e posa il vassoio sul tavolino. In quell'istante, e solo allora Elisa si ricorda di quell'indumento, non sa cosa fare, SigorE. l'anticipa e con un tono di voce abbastanza alto dice “la consegni pure alla signorina, del resto è sua e deve reindossarla”. Il volto si Elisa diventa rosso, il ragazzo afferra lo slip con tre dita ed alzandolo per farlo vedere bene aggiunge “signorina, credo che questo slip sia suo”, il tempo sembra essersi fermato, nulla sembra più muoversi, Elisa, in quel momento è il centro dell'attenzione di tutti, il centro dell'universo e tutto ruota intorno a lei.
È confusa Elisa, il sudore le imperla la fronte, anche le sue mani sudano. “G-grazie”, è l'unica cosa che riesce a dire mentre allunga la mano. “Prima di andare via le rimetterai” aggiunge SignorE. e rivolto al cameriere “grazie, può andare”. Con calma aggiunge un po' di zucchero al caffè e, rivolto ad Elisa “oggi ho avuto modo di annusarlo più volte e debbo dire che hai un odore magnifico”. Elisa è immobile al suo posto , si sente osservata da tutti, non sa cosa fare, cosa dire. SignorE. la guarda e con un cenno la invita a prendere il proprio te. Lentamente la mano cerca la tazza e, al “quanto zucchero” risponde “tre, mio signore”.
Prontamente SignorE. aggiunge lo zucchero e porge la tazza fumante ad Elisa che guardando quell'uomo che ha di fronte, quell'uomo che l'ha stregata, lo vede per la prima volta sorridere. Tutta la sua paura si scioglie, ora si sente davvero di SignorE. e felice i cuor suo ricambia quel dolce gesto. Non fa più caso a quel triangolino di stoffa e, rassicurata dalla presenza, accanto a se del suo “padrone”, lo rimette di nuovo dove SignorE lo aveva posato.
Passano dieci minuti di piacevoli chiacchiere, poi, guardando l'orologio “si è fatto tardi signore, dovrei andare via” chiede timorosamente Elisa.
“Va pure scricciolo, ma prima indossa lo slip”, Elisa chiede dove sia il bagno ma viene subito gelata dal suo padrone, “devi indossarli ora, qui, davanti a me”. “Ma qui c'è gente, non posso”, SignorE. la prende per un braccio e stringendo la presa le sussurra all'orecchio “ORA, QUI! E' UN ORDINE”. Fortunata Elisa, questa sera, nella piccola sala oltre loro è rimasto un signore troppo intento a leggere dei documenti, se si muove rapida non si accorgerà di nulla.
Dalle sale vicine un vocio indistinto, veloce si china ed infila entrambi i piedi nello slip e lo fa risalire fino alle ginocchia, poi, rivolgendosi a SignorE. chiede, quasi implorando, “posso almeno coprirmi le gambe col giaccone?” ed aggiungendo subito “la imploro mio signore”. SignorE. non dice nulla ma guardandola fisso fa cenno di assenso con il capo. Elisa prontamente si copre e con attenzione tira su la gonna senza scomporsi, un movimento repentino e finisce di tirare su la mutandina, ricomponendosi poi con cura. SignorE. non ha smesso per un istante di fissarla, di guardarla, infila una mano in tasca e ne tira fuori un bigliettino, lo porge ad Elisa, “ a domani” e senza aggiungere altro va via. Elisa rimane seduta mentre il suo padrone va via.
Quando scompare alla sua vista legge quanto c'è scritto.
“Ci vediamo alle 19.30, via Doge Loredan 5, secondo piano, interno 6”, non sa ancora che domani non sarà sola.
Domani Elisa conoscerà Laura.

La prima volta di Elisa

In ufficio non è ancora arrivato nessuno, tu sei stata la prima, hai posato la borsa, le chiavi e tutto il resto sulla scrivania. Hai sfilato il giubbotto e lo hai appeso all'appendiabiti, tacchi che ritmicamente percuotono le pedane del pavimento, ti avvii alla macchina del caffè. Una, due, tre monetine scompaiono nella fessura, guardi distrattamente cosa prendere, caffè, click, premi il pulsante, la macchina parte con i suoi rantoli e comincia la sua opera, passi, altri passi, non ci fai caso, ancora quel rumore infernale, tra qualche istante la bevanda calda sarà pronta.

"Ciao scricciolo", una voce tranquilla alle tue spalle, ti giri di scatto, il cuore che batte, "finalmente posso incontrarti". Rimani lì, ferma, non sai cosa fare, "bip-bip-bip", il caffè è pronto, mi avvicino al distributore e, con calma prendo il bicchiere e te lo porgo, non dici ancora nulla, allunghi istintivamente la mano ed afferri il bicchiere, le nostre mani per la prima volta si toccano. Silenzio, anche la macchinetta sembra in attesa di scoprire gli esiti di questo incontro per te imprevisto. Rimani a fissarmi, io mi abbasso verso di te e ....

e mi fissi negli occhi. io li abbasso d'istinto,non immaginavo potessi trovarmi.

è presto, so che ancora il magazziniere non è ancora arrivato , come nemmeno gli altri. il venerdì sono io la prima in ufficio e anche l'unica. ma oggi no, oggi sei entrato da chissà dove e mi hai trovato. sei grande. la tua figura mi sovrasta, hai un profumo sottile che mi penetra dentro deciso e mi inebria. sento i tuoi occhi che mi fissano ancora, non dici una parola.

Non lascio il bicchiere, la tua mano esile che impercettibilmente sfiora la mia.

Non sfuggi quel contatto. Con un rapido movimento cingo la tua vita sottile e ti tiro a me.

Tremi.

Lascio la presa del bicchiere che inevitabilmente cade, rovesciando il suo contenuto sul pavimento.

Odore di caffè, odore di te!

Non scappi da quella presa che ti immobilizza, anzi, ti stringi a me.

Il tuo corpo è caldo e sento l'ansimare ritmico del tuo respiro.

Sguardo basso, silenzio, tiro su il tuo mento verso di me, non hai il coraggio di guardarmi negli occhi.

"profumi di cannella", la mia voce calma rompe quell'assordante silenzio, provi ad alzare lo sguardo, non ci riesci, trovi la forza di allungare la mano ed accarezzarmi il petto, poggi il palmo ad ascoltare i battiti del mio cuore.

Sono Calmo, te ne accorgi dai battiti che percepisci, ti avvicini pian piano a me, la mia mano sotto il tuo mento a farti alzare la testa, mi lasci fare ma non alzi lo sguardo. Le dita sfiorano le tua labbra, mi abbasso verso di te, le mie labbra a sfiorare il tuo collo, sento il profumo delicato della tua giovane pelle, aspetti un bacio che non arriva. Non arriverà. la mia lingua lecca la tua pelle salendo su fino all'orecchio. Un fremito percorre il tuo corpo teso. Un brivido scende lungo la tua schiena, ti giro e ti faccio poggiare con le mani sul tavolino che è presente nella stanza, "cosa vuoi fare..." sussurri impaurita, "shhhhhhhhh, scricciolo, non parlare", la mia risposta.

Rimani immobile, ti allargo leggermente le gambe, "ti prego... non farmi male" e giri il capo verso di me guardandomi con occhi imploranti, "FERMA, COME TI HO ORDINATO!" ti dico con tono di voce stizzito. Rigiri la testa e la chini impaurita, mille dubbi, mille paure, mille pensieri balenano nella tua testa, non riesci più a essere razionale.

Lentamente le mie mani alzano la corta gonna di jeans che indossi, scopro il tuo culo, indossi un perizoma, magnifico. La mia mano che lo accarezza per alcuni istanti, vedo la pelle d'oca comparire prepotente, , salti per l'improvviso schiaffo che percuote le tue natiche, non te lo aspettavi, un grido, istintivo, esce forte dalla tua gola "Ahiiiiii!!!!",

Provi a proteggere il tuo sedere con le mani ma immediatamente ti blocco e ti rimprovero "scricciolo, non ci si comporta così, lo sai, rimetti le mani dove stavano".

Mi guardi per un attimo ma il mio sguardo severo ti gela, subito abbassi la testa e ti rigiri, lentamente rimetti le mani sul tavolino.

"Inarca meglio la schiena, da brava", rimani immobile, i tuoi pensieri non ti fanno sentire le mie parole, "MUOVITI", quella parola decisa e forte ti risveglia dai tuoi pensieri ed istintivamente inarchi la schiena mostrando ancor di più il tuo culetto sono, su una natica il segno rosso del primo schiaffo fa bella mostra di se.

Ti irrigidisci immaginando di ricevere altri colpi ma questo per te è peggio, mi accorgo di questa tua tensione ed i colpi ora diventato più delicati, , sobbalzi di nuovo ma inizi a "scioglierti", adesso inizi a sentire gli schiaffi che colpiscono il tuo sedere in modo diverso, come se delle scariche di adrenalina percorressero tutto il tuo corpo ogni qualvolta vieni colpita.

Sfacciatamente, ad ogni colpo, inarchi sempre di più la schiena e dai primi "ahi-ahia", adesso sei passata a dei mugolii di piacere, "ohhh!, Ahhh!, siii, ancora!".

Sono bastati una decina di colpi e ti sei completamente sciolta. Il tuo culo oramai è rosso ed io continuerei ben volentieri ma il tempo, per me, passa troppo in fretta.

"Per essere stata la tua prima volta va bene così, scricciolo, ora un'ultima cosa", ti abbasso la gonna coprendo il tuo magnifico fondo schiena, ti giri, "cosa c'è ancora che debbo fare?", mi chiedi impaurita. "Adesso, Tu! Mi dai i tuoi slip, te li riconsegno stasera quando uscirai dal lavoro".

A questa mia richiesta cerchi di resistere, " ma come faccio? sarò tutta la giornata qui con le colleghe e soprattutto con i colleghi, non posso, ti prego!", subito ti zittisco. "Nessun ma, se vuoi essere mia!", ti fisso dritta negli occhi, resisti per un attimo poi alzi la gonna e le tue mani si preparano ad abbassare lo slip.

"Non ti ho detto di alzare la gonna", rimani di stucco, non sai cosa fare. A quel punto scosto le tue mani e subito la gonna ricade al suo posto, mi accovaccio davanti a te continuando a guardarti negli occhi, infilo le mani sotto la gonna e, trovati gli slip, inizio ad abbassarli, lentamente.

Lo abbasso lentamente senza distogliere lo sguardo dai tuoi occhi, le mie mani scorrono lungo tutte le tue cosce, istintivamente mi aiuti a sfilarli. Sono tra le mie mani adesso, li porto al naso per sentire il tuo profumo di femmina, mi fissi incredula per quello che hai fatto, per quello che stai facendo, senti una stana, fresca, sensazione tra le gambe.

"A stasera al gran caffè Pedrocchi, mi troverai nella sala Ercolana, al secondo piano. 18.30 in punto", senza aggiungere altro vado via.

Per alcuni minuti rimani ancora in quella stanza, solo quando il rantolo della macchina del caffè si fa sentire, ti risvegli da quel torpore che ti stava ammaliando, ti guardi intorno e torni alla tua scrivania.

Automaticamente ti siedi al tuo posto ma un pizzicore sul culo ti fa capire che tutto quel che è successo è vero. Allunghi una mano tra le cosce, fino al tuo sesso, sei bagnata!.

Sorridi per un attimo, "oggi sarà una giornata di lavoro intenso, scricciolo" dici tra a te stessa pensando a come potrebbe finire.

Il Temporale

Ore 18.00, esco dall'ufficio, "mi aspetta una magnifica serata in palestra, così avrò modo di sfogare la mia rabbia, il mio nervosismo".
Sono stato fortunato a trovare una palestra che fa Kick Boxing e per giunta non molto distante dall'ufficio.
Prendo il borsone e mi avvio alla macchina.
"Cazzo, che tempaccio, mi tocca fare una corsa fino alla macchina", corro come un matto per il parcheggio oramai semideserto, entro in macchina, metto in moto e parto.
Ripercorro strade che tante volte ho fatto con te, "certo che il tempo è proprio uguale a quando l'ho conosciuta", ricordo ancora te al riparo nel freddo androne del palazzo.
"Uff! non si vede un cavolo, tutto il parabrezza è appannato e quest'acqua vien giù che Dio la manda", con la mano pulisco un pò il vetro dall'interno quando, illuminata dalla luce dei lampioni, una donna con un piccolo ombrello cammina in tutta fretta, il giaccone ormai fradicio, "certo che con questo tempaccio una va in giro con gonna corta e decollete ai piedi, che pazza!", rallento, "Laura? Ma è un vizio il suo a fare la doccia per strada", folate di vento gelido ti fanno lottare col piccolo ombrello.
Mi fermo, abbasso il finestrino e ti chiamo, non mi senti, i tuoni improvvisi attutiscono, assorbono del tutto il suono della mia voce.
Debbo gridare per farmi sentire. Mi affaccio dal finestrino, bagnandomi a mia volta e con forza grido "LAURA, VIENI".
Solo a quel punto ti giri e mi vedi. Rimani ferma sotto la pioggia, una folata di vento, più forte, rompe definitivamente il tuo ombrello.
Ora sei senza riparo, i tuoi capelli oramai sono completamente intrisi di pioggia.
Goccie solcano il tuo viso, socchiudi gli occhi per far si che la pioggia non ti accechi.
Ti chiamo di nuovo: "Vieni, sei fradicia, ti do un passaggio", resti ancora immobile per qualche istante, poi ti giri e continui a camminare sotto la pioggia incessante.
Ti guardo andare via, "debbo muovermi, si becca un accidenti sta stupida", ingrano la marcia e percorro poche decine di metri con la macchina e scendo dall'auto.
Il temporale non ha ancora placato il suo impeto e la pioggia scende giù copiosa. Ora sono mezzo fradicio pure io.
Ti raggiungo e ti prendo per un braccio, "non essere stupida, così ti prenderai un malanno".
Ti divincoli dalla mia presa e fai per andare via. Pochi passi e ti raggiungo di nuovo.
"Adesso Basta! Vieni", cerchi ancora di resistere, , ti arriva uno schiaffo che scuote la tua testa, i capelli bagnati si attaccano al tuo dolce viso, "forza stronza, vuoi farti venire un accidenti sotto questo nubifragio?"
Brividi di freddo precorrono le tue carni. Ti trascino in macchina, in un'altra auto che sopraggiungeva hanno visto la scena, avranno pensato al litigio di due fidanzati, gli occupanti osservano rallentando, dall'auto, la scena ma poi proseguono per la loro strada.
Ti conduco all'auto e ti faccio accomodare, sei bianca in volto, si vede che hai freddo.
Giro intorno alla macchina dopo aver chiuso la portiera dal tuo lato. Mi allungo sul sedile posteriore ed apro il borsone della palestra.
"L'accappatoio ti permetterà di asciugarti un pò, guarda come sei conciata, sembri un cucciolo tutto bagnato".
Non dici nulla, mi continui a fissare in silenzio senza dire una parola.
Ti copro con l'accappatoio mentre inizi a tremare sempre più infreddolita, con la mano accarezzo per un istante il viso madido di pioggia.
"Sei ancora più bella", mi riaccomodo al posto di guida, oramai completamente bagnato pure io.
Si cambia programma, ora la meta è direttamente casa, la mia casa.
Ti sei rannicciata sul sedile, sotto il morbido e profumato accappatoio.
Prendo il telefono e compongo un numero, "ciao, stasera laura non torna a casa, sta da me".
Solo adesso, quando hai sentito questa frase hai il coraggio di parlare, come risvegliata da un lungo letargo, ti sento profferir parola.
"NO, non voglio, sei un grandissimo stronzo".
Calmo ti rispondo "per accompagnarti a casa, a quest'ora, col traffico , e soprattutto con questo tempaccio, ci impiegherei più di un'ora e mezza. E tu, bagnata come ti ritrovi, ti becchi un malanno.
Quindi zitta e vieni a casa, che è a due isolati da qui! CHIARO?"
Rimani in silenzio, sai che quello che ho detto è vero e ritorni a cercare calore nell'accappatoio.
Pochi minuti ed arriviamo, Parcheggio l'auto proprio sotto il portone. Stavolta la fortuna ha lasciato un posto per parcheggiare proprio davanti casa.
Scendo ed apro il portonicno poi ritorno verso di te. Ti faccio sccendere ancora avvolta in quel caldo riparo di emergenza.
In fretta saliamo le scale, il tempo di aprire la porta e rientri, dopo tanto tempo, in quella casa che ha vissuto tanti nostri incontri.
Lancio il borsone sul divano e vado in camera a prendere qualcosa di asciutto,
tu, immobile, rimani avvolta nel tuo guscio protettivo, tremi, forti brividi scuotono il tuo corpo.
Preparo un nuovo accappatoio e vado in bagno, rumore d'acqua scrosciante, come la pioggia che ti ha travolta, ma il cui suono è molto più rassicurante.
Ti trovo ancora li, ferma. Tolgo il tuo umido guscio e lentamente comincio a spogliarti. I tuoi vestiti sono fradici, per fortuna il tepore della casa riesce a donarti un minimo di sollievo.
Via la giacca, la camicetta, via la gonna che cade a terra come foglia morta. Ti sfilo le calze.
Automaticamente alzi, alternativamente i piedi per toglierle completamente, volano via le scarpe che rumorosamente rotolano per la stanza.
Ora sei rimasta quasi nuda, solo il piccolo intimo come ultima barriera al tuo nudo corpo.
I capezzoli ritti fan bella mostra di se sotto la leggera stoffa. Gocce di pioggia scendono leggere dai tuoi capelli intrisi disegnado percorsi immaginari.
La tua pelle, oramai libera ma ancora fredda per il lungo contatto con gli abiti bagnati e freddi è un continuo di fremiti, i segni della pelle d'oca sono dappertutto.
Le tue guance stanno pian piano riprendendo colore. Solo i tuoi occhi sono ancora tristi e lucidi.
La matita, oramai sbavata ti segna gli occhi rendendoli ancora più profondi.
Ti prendo per mano e ti porto in bagno, tremi, tremi come una foglia al vento.
Sfilo il tuo intimo, mi lasci fare e ti metto sotto il caldo getto d'acqua.
Un mugolio di piacere esce, impercettibilmente dalle tue labbra.
Spugna e sapone ed inizio a massaggiare il tuo corpo nudo. Il calore piacevole dell'acqua ti fa rilassare.
Appoggi le mani alla parete ed inarci leggermente la schiena.
Sei magnifica, i chili che sembri ave messo su ti rendono ancora più sensuale.
Strofino con vigore la spugna sulla tua schiena, non ti sei ancora girata.
L'acqua scorre su di te insinuandosi come un fiume in piena tra le tue natiche.
Mi fermo a guardarti, rimango immobile per un interminabile minuto.
La mia mano lascia cadere la spugna ed accarezza il tuo culo, le dita si isinuano nel mezzo.
Inarchi la schiena al piacevole contatto, affondo le dita nel tuo sesso umido, il creso dei folti peli che mi accarezza le nocche.
Ti afferro per i gianchi e ti giro, di colpo, i tuoi seni a pochi centimetri dalla mai faccia, i capezzoli dritti fan bella mostra di se.
Taci, taci ancora, non dici una parola, te ne stai sotto l'acqua ad assorbirne il piacevole tepore.
Per un istante apri gli occhi e mi guardi, poi, chiudi gli occhi e reclini il capo all'indietro.
Meccanicamente accarezzo il tuo seno sfiorando appena i capezzoli, le mie mani scendono sul tuo ventre morbido.
Ti appoggi con la schiena alla parete della doccia, un flebile sospiro esce dalle labbra socchiuse.
Entro in doccia con te, così, ancora vestito, maglietta e jeans.
IL mio corpo preme contro il tuo e mentre l'acua rilassa pure me con le sue gocce, ti cingo i fianchi e ti bacio il collo,
le mani afferrano il culo e stringono forte. TI lecco il viso bagnato come a volerne assaporare il gusto di femmina.
Le nostre bocche si attraggono irrimediabilmente, le nostre lingue che si cercano muovendosi vorticosamente.
Ora anche le tue mani accarezzano il mio corpo, mi aiutano a togliere, strappandomela letteralmente di dosso la maglietta.
Sotto il getto continuo della doccia ti inginocchi davanti a me e slacci lentamente la patta dei miei pantaloni.
Le tue mani si muovono veloci e mi tirano giù i pantaloni, il membro, oramai eretto fa bella mostra di se.
Lo accarezzi per alcuni istanti soffermandoti con le esili dita sulla cappella.
Ogni tuo piccolo sfiorarlo lo fa vibrare.
"Stronzo" e affondi la tua bocca sul mio cazzo, sento la tua lingua saettare. Ti afferro per i capelli e ti guido in un interminabile pompino.
La tua calda bocca avvolge, protettiva, il mio attresso e gioca con lui, le mie mani tengono la tua testa.
Tu invece, nonostante il piacere che mi doni e che spero, ricevi, affondi con rabbia le unghie nella mia schiena e ad ogni mia sollecitazione della tua testa non indugiano a lacerare la mia pelle.
Sto per venire, forti tremiti scuotono il mio corpo e tu, per indispettirmi ti stacchi da me e pulisci la tua bocca col dorso della mano.
Ti rialzi e fissandomi con rabbia, dritto negli occhi mi dici "sei un grandissimo figlio di puttana, sei stato tu a fare lo stronzo, non io"
mi sbatti sulla parete della doccia e uscendoi gridi "SEI UN GRANDISSIMO BASTARDO!", afferri l'accappatoio e lo indossi uscendo dal bagno.
Esco anche io, "perché tu cosa sei?" ti urlo mentre esco dalla doccia seguendoti.
"Alla prima difficoltà sei scappata via con la coda tra le gambe, ed ora cosa fai, stronza, scappi di nuovo?"
Ti raggiungo mentre attraversi la cucina , ti afferroper un braccio e ti rigiro con rabbia, voglio vederti in faccia.
Nel sentiri afferrata con tanta forza ti giri e mi centri con uno schiaffo in piena faccia, non contenta mi graffi sul collo. In me sale una incredibile rabbia, "E' giunto il momento, PUTTANELLA, il momento che tu riceva una severa lezione".
La mia mano stringe la presa e non molla. La cintura dell'accappatoio già sta facendo il suo dovere. Serro forte i tuoi polsi e ti tiro a me.
Siamo di nuovo a pochi centimetri, i nostri corpi sembrano un tutt'uno. Sento affannoso il tuo respiro.
I tuoi seni premono contro il mio petto. Sussurro "adesso ti accorgerai chi comanda", le mie labbra che sfiorano le tue.
Mi mordi un labbro, , una sonora sberla ti fa indietreggiare di un passo. Mi tocco il labbro dolorante, una goccia di sangue fa la sua comparsa.
"Ora basta, cagna", con tutta la forza che ho ti rigiro e ti spingo sul tavolo. Lego le tue mani ai piedi del tavolo.
"Stronza, ora vedrai".
"Cosa vuoi fare bastardo, lascimi, io non ti appartengo più, non sono più tua". Ti tengo ferma sul tavolo e allargo le tue cosce, scalci scercando di non essere sopraffatta ma le forze sono impari, leco con la cintura del mio accappatoio una coscia al tavolo, all'altezza del ginocchio. L'accappatoio che indossi sale irrimediabilmente su, lo strappo nel mezzo, si apre scoprendo il tuo culo tornito. "Hai sempre un culo da favola, troia", "vaffanculo, vaffanculo, bastardo", "questo e per una schiava che risponde male".
Secchi colpi percuotono le tue natiche facendole sobbalzare ogni volta. "Ahia, ahia, ahi" inizi a gridare, continui a scalciare con l'unica gamba non ancora bloccata!!
Il tavolo balla paurosamente spostandosi a destra e sinistra, ti afferro per i capelli ancora umidi ed alzo la tua testa, "rilassati troia se non vuoi sentire troppo dolore, perché questa volta, la tua punizione sarà esemplare".
Mi fissi rabbiosa e la tua risposta mi colpisce in pieno volto. Uno sputo mi centra in viso.
"TROIA", la mano asciuga la saliva mentgre ti tengo ferma per i capelli. Non dico nulla, le dita bagnate della tua saliva arrivano alle mie labbra.
Le succhio, "sapore di cagna in calore, come sempre". Una sberla centra la tua faccia, "bene, cominciamo".
Mi allontano da te, giri la testa da entrambi i lati, alternativamente, carcando con lo sguardo la mia figura.
Continui a vomitare parole di rabbia nei miei confornti, senti i miei movimenti nell'altra stanza.
"Cosa mi vuoi fare stronzo!" Passi si avvicinano alle tue spalle un violento colpo col cane ti centra una chiappa e termina la sua rapida corsa sulla tua schiena semicoperta dall'accappatoio attenuandone la forza.
Un urlo, stavolta di dolore vero prorompe con tutta la sua forza dalle tue labbra, non eri preparata a questo e lo hai sentito tutto.
"AHIAAAAA!!!", il colpo improvviso sembra averti fatto perdere la forza di reagire, riesco con estrema faciltà a legare l'unica gamba rimasta libera, non opponi minimamente resistenza. Le cinghie legano stretta la caviglia al tavolo.
Sei completamente immobilizzata, le gambe oscenamente aperte. Solo la testa puoi muovere con una certa facilità.
Con calma, mentre ti riprendi, mi preparo un caffè, con cura ed infinita calma riempio la moka e la metto sul fornello.
Mi riallontano mentre aspetto che il caffè si a pronto, ritorno in camera a mettere qualche cosa addosso.
Dalla cucina iniziano ad arrivarmi le tue invettive, urli la tua rabbia nei miei confronti.
Ritorno in cucina, un piacevole odore dil caffè si spande nella stanza, prendo una tazza e verso il nero e fumante liquido.
Amaro, come lo sei tu per me in questo momento. Ora ti farò diventare zucchero per il mio piacere.
Mi siedo affianco a te e con calma sorseggio la bevanda, "bastardo, lurido bastardo, io non somo più tua", non ascolto le tue parole, guardo solo il tuo corpo, le tue curve.
Mi alzo e mi metto dietro di te, verso il contenuto della tazzina all'altezza delle fossette che il tuo culo fanno con la schiena.
Parte del liquido cola giù lungo i fianchi e parte tra le tue cosce, sul tuo sesso. E' ancora bollente, "brucia, ahia, maledetto, è ancora bollente", strano, la tua voce è si arrabbiata ma è più calda, più sensuale, adesso non urli più tanto.
Comunque nessuno avrebbe sentito le tue urla, i tuoi strilli, questo è il bello di avere una casa isolata rispetto agli altri appartamenti.
Il sapore forte del caffè si mischia al dolce sapore della tua pelle. Non hai nessuna possibilità di muoverti, immobilizzata in questa oscena posizione. Allargo il tuo culo e verso un altro pò di caffè che cola lungo il tuo sesso insinuandosi tra le pieghe della carne, gocciolando lungo i neri peli.
Contrai il culo stringendo, "ahia, è ancora caldo", la mia lingu inizia a scendere lungo il solco del tuo culo, in un primo momento cerchi, ondeggiando di scacciarmi da te ma la lingua si insinua dandoti un piacere che non riesci a cacciare.
Il sapore del caffè si mischia ai tuoi umori, il caldo ed umido contatto con la mia lingua fa il resto. Un "ahhh!" malcelato, fuoriesce dalle tue labbra, ti rilassi, cercando di ascoltare il piacere del tuo corpo. Sei saporita, come non mai.
Ma proprio ora, quando mi accorgo che il fuoco si stà riaccendendo dentro di te che è arrivato il momento della tua punizione.
Ti rimango vogliosa di piacere e vado a prendere un grosso coltello da cucina, mi guardi armeggiare e, alla sua vista il tuo volto cambia atteggiamento, "co-cosa vuoi fare con quel coltello? Ti prego, non fare pazzie", mi abbasso alla tua stessa altezza accovacciandomi di fronte a te, la punta del grosso coltello si conficca nel tavolo davanti alla tua faccia.
"Non ti preoccupare, troia, mi serve solo per spogliarti completamente", leggo neio tuoi occhi la paura per quello che stà per accadere.
Ti afferro per i capelli e, alzando, per quanto possibile, la tua testa, ti bacio sulle labbra. Ora non reagisci allo stesso modo di prima, mi lasci fare ed in parte assecondi la mia richiesta. Mi alzo e, afferrato il coltello mi porto alle tue spalle.
Non puoi vedere quello che stò per farti, rimani immobile, tutti i muscoli contratti nella tensione di quanto può accadere.
Sfioro con la lama piatta l'interno delle tue cosce, il freddo metallo accarezza la tua pelle delicata.
Disegnando immaginarie figure la lama sale lungo la coscia fino al tuo sesso, il dorso della lama si insinua nelle labbra della tua figa, "ti prego non farmi male", "shhh!!!, non ti allarmare", la lama continua a scorrere verso l'alto, ora attraversa le tue chiappe, sei tesissima.
Appiattisco la lama sulla tua schiena e la infilo tra il tuo corpo e l'accappatoio, è giunto il momento, la lama si gira verso l'alto, senti premere sui tuoi muscoli, poi un suono, "riiipppp", la lama che lacera la stoffa risalendo lungo la tua schiena fin dietro al collo.
Un ultimo colpo, secco, e l'accappatoio è diviso in due scoprendo per intero la tua schiena.
Ti rilassi per un attimo, la testa poggiata di fianco, sul tavolo, la fronte imperlata di goccie di sudore che si mischiano ai tuoi capelli ancora umidi.
"Piccola, non è ancora finita", "nooo, cosa vuoi fare ancora", il tuo respiro è affannoso, "finire l'opera", la lama parte a tagliare le maniche che ancora mi nascondono il tuo corpo.
L'operazione procede senza intoppi, "ora si comincia per davvero", poso il coltello sul tavolo, affianco a te e ritorno alle tue spalle, le mie mani accarezzano il tuo corpo nudo, sei ancora tesa e le carezze si concentrano sul tuo collo contratto per farti rilassare.
Pian piano ti sciogli, i tuoi muscoli si rilassano, il respiro si regolarizza. Il massaggio sta facendo il suo effetto, le mie mani carezzano ogni muscolo della tua schiena e pian piano scendono verso i fianchi e verso il centro del tuo piacere.
Aspetti che le mie dita arrivino dove tu desideri ma, con un colpo secco il nerbo di bambù si stampa sul tuo culo.
"Ahhhh", non è finita, anzi è appena iniziata la tua punizione, altri colpi di canna percuotono il tuo morbido culo .
Si iniziano ad intravedere le rosse striature sulla tua pelle, con una vena sadica sposto il mio obiettivo.
Ora altri colpi ti raggiungono, coplendo in verticale, dall'alto verso il basso e terminando la corsa proprio lì, sulle tue labbra.
Colpi però, più leggeri, per te deve essere un supplizio di dolore e piacere al tempo stesso.
Sobbalzi ad ogni colpo iniziando una serie ininterrotta di "ahi, ahia, ohi, basta, ti prego, noooo", intervallati da gemiti di piacere quando al cane si sostituisce la mia mano che con delicatezza accarezza, appena sfiorandolo, il tuo sesso.
"Ohhh-siii-uhhhmmm-ahhhh", le dita che affondano tra le gonfie labbra. Sei bagantissima, il tuo nettare cola lungo le tue cosce.
Mi allontano da te mentre cerchi un attimo di respiro. Mi vedi aprire il frigo, cerchi di capire cosa stia facendo, ritorno da te con un panetto di burro, la forma cilindrica fa al mio caso.
Mi rimetto dietro di te e avidamente lecco il tuo culo, sei calda, caldissima, la pelle brucia per i colpi ricevuti e la lingua umida ti dona un pò di sollievo.
Sollievo maggiore te lo da il panetto di burro che appoggio delicatamente al tuo fiorellino.
Il freddo contatto, in un primo momento fa contrarre il tuo culo ma, il sollievo che provi per le bollenti parti che va a toccarti ti fa rilassare di colpo. E' quello che voglio, spingo deciso e vedo scomparire quel cilindro di burro dentro di te, spingo fino a farlo entrare quasi del tutto, "ahhhh", è l'unica cosa che riesci a dire. Mi fermo ad ammirare il tuo culo aperto, il tuo caldo corpo inizia a sciogliere quasi subito il burro che inizia a colare nelle pieghe della tua figa.
Il panetto di burro rimane lì, immobile, lo osservo e chinandomi su di te dico:
"noto con piacere che Oliver te lo sta facendo usare spesso il culo, eh, puttanella?", "dimmi, ti paice prenderlo dietro?", mi giro veso l'obelisco e lo spingo ancora più dentro, "uuuuhhhhhhmmmm!!!", un nuovo gemito prorompe dalle tue labbra. Le mie dita scorrono lungo le labbra del tuo sesso ed affondano nel molle ventre, sei un fiume in piena, umori misti a caffè e burro ti impiastricciano i peli della figa. Infilo due, poi tre dita dentro di te, le spingo fino in fondo, senza nessuna difficoltà. riesco a sentire il tuo utero con la punta delle dita, "s-ssssiiiii, ancora, ancora, predimi ti prego!".
Ho il cazzo al massimo della tensione, la cappella gonfia all'inverosimile, le palle che mi fanno male.
Allargo con entrambe le mani la tua figa, sei oscenamente aperta, infilo di colpo il mio cazzo dentro di te ed inizio a scoparti con forza.
Colpi profondi che scuotono il tuo corpo, ansimi ad ogni affondo, le gocce del mio sudore cadono come pioggia sulla tua schiena.
Il burro è oramai scivolato viaed impiastriccia tutto il pavimento, hai ancora il culo aperto, ci infilo le dita e ti "scopo" anche dietro.
Sento il mio cazzo scivolare dentro di te attraverso la sottile parete che separa il culo dalla figa. Allargo le dita nel tuo culo e sento la cappella sotto di esse. Godi, godi come mai hai goduto, i tuoi gemiti sono diventati grida di piacere.
Dopo l'ultima, lunga, pompata in cui affondo con inaudito vigore nella tua figa mi fermo e rimango dentro di te, il tuo sesso pulsa in continuazione in preda ad un lungo, interminagile orgasmo. Sento la tua figa stringere, ritmicamente, il mio sesso.
Lentamente lo sfilo, non è ancora finita.
Lo tiro fuori del tutto, la figa rimane completamente aperta, come una bocca pronta al bacio. Poggio la cappella al tuo fiorellino, "nooo, ti prego, lo sai che ogni volta sentivo un dolore cane", "si piccola, lo so, ma in passato il tuo culo era meno allenato".
Spingo, non trovo molta resistenza. Mi basta appoggiarmi e la cappella gonfia scompare dentro di te con un sonoro "plop", eppure, "ahiaa", giri la testa cercando una posizione che ti rilassi di più ed aggiungi "non sono abituata alle tue dimensioni".
Spingo e vedo l'asta scomparire pian piano nel tuo culo, la pelle si distende, "ahhh-ahhh". Un coplo deciso e le mie palle sbattono sulla tua figa facendo uno strano suono, come qualcosa che è caduta nell'acqua. "Grrrr-ti prego, non spingere più, mi sento aprire tutta, basta, ooohhh!"
I lombari si irrigidiscono nel tentativo di inarcare la schiena, cerchi in tutti i modi di rendere meno dolorosa la penetrazione.
"Rilassati, lasciati andare e vedrai che la dolore si sostiutuirà il piacere", Ti affero alla base del collo ed inizio a massaggiare i muscoli, sento il cazzo stretto in una morsa che lo avvolge completamente.
Rimango fermo dentro di te, i massaggi ai muscoli contratti ottengono l'effetto sperato, ti rilassi piano piano.
Quella morsa poco per volta scompare, inizio un lento andirivieni. Molto lentamente lo lascio sivolare fuori, quasi completamente.
Un attimo di tregua eper poi penetrarti profondamente. Passi dalle smorfie di dolore a quelle del piacere.
Insieme al tuo rilassamento giungono gemiti di piacere, "oooohhhhh, siiii, ancora dai, non ti fermare ti prego", i tuoi fianchi ondeggiano ritmicamente, i colpi si fanno più intensi e profondi, il tuo culo aperto ingoia la carne del mio cazzo senza sforzo apparente. Ti scopo con forza, fragorosi i suoni del continuo pompare nel tuo culo si fanno via via più forti in una continua sinfonia di piacevoli scorregge.
Sei completamente aperta, come non lo sei mai stata.
Rivoli di sudore scendono lungo la tua schiena, la cappella del mio cazzo pulsa all'unisono con le contrazioni che come una marea montano, irreversibili, nel tuo sesso. Continui a mugolare tutto il tuo piacere, "vengo, vengo, non ti fermare, dai fammi godere, si, si, ancora dai, si, sono la tua puttanella. Ti prego continua, non ti fermare". Esco di colpo dal tuo culo, eccolo lì, davanti a me, completamente aperto, figa e culo che pilsano alla ricerca del loro piacere.
I tuoi umori colano copiosi lungo le labbra gonfie della figa, si inoltrano nel folto dei neri peli che coprono il tuo pube per poi scendere lungo le tornite cosce. Il cazzo è teso al massimo, continua a pulsare, fitte di dolore e piacere ne prendono possesso, sto per venire.
Giro intorno al tavolo, sono di fronte a te, il cazzo a pochi centimetri dalla tua faccia. Afferro la tua testa, tenendoti per i capelli.
Tiri fuori la lingua, lo vuoi, hai bisogno di lui. Mi avvicino quel tanto che basta. Apri la bocca cercando la cappella, solo la lingua riesce a toccare la punta del mio cazzo. Ogni tuo leggero tocco è per me una piacevole sofferenza, allunghi il collo, cerchi di sentire la cappella sulle labbra, "uuuhhhhmmmm!!!", per un istante alzi lo sguardo, implorante dici "scopami in bocca, ti prego", ti fisso ed aggiungo "solo se sarai di nuovo mia" e ti infilo il cazzo in bocca.
Rimango pochi istanti fermo.
Sento il tepore che la tua bocca sa darmi avvolgendo il mio membro. La tua lingua inizia a saettare, inizio il lento movimento di penetrazione, via via più profonda, ingoi con difficoltà ma non smetti mai con la lingua. Il coltello è ancor asul tavolo, affianco a te, lo afferro ed alternativamente taglio i legacci che tenevano ferme le tue mani. Pian piano riprendi possesso dei movimenti delle braccia, sento le tue mani salire lungo le mie cosce e, afferrandomi per i fianchi mi tiri a te. La maggiore possibilità di movimento ti consente di spingerti il cazzo fino in gola.
Ti scopo in bocca con colpi profondi, la cappella gonfia ti riempie tutta.
Per farmi venire con la mano accarezzi delicatamente le mie palle, vuoi che venga. Quel delicato massaggio fa montare in me un incredibile orgasmo "AAAAHHHHH!!!! troia, continua, siiiii, che magnifica puttanella che sei, quella che dici essere la tua amichetta manco è capace di reggere il confornto con te. Dai continua che ti vengo in gola".
Aumenti l'intensità delle pompate sulla mia cappella, "vengo, siiii, vengoooooooo", stringo con forza i tuoi capelli ed affondo il cazzo nella tua bocca, è tutto dentro, fino alle palle, non so come tu riesca ad ingoiare tutto.
Sento che stò esplodendo, densi fiotti di sborra ti riempiono la gola come l'eruzione di un vulcano inondo la tua bocca.
In un enorme sforzo tieni la bocca aperta e non ti muovi, ingoi tutto il mio seme. Lentamente esco dalla tua bocca, la tua lingiua non smette per un istante fino a che la cappella esce dalla tua bocca.
Tu come ultimo gesto fai schioccare le labbra mentre il cazzo esce completamente, come a sugellare una ritrovata intesa.
Esausto mi accascio sulla sedia mentre reclini il capo di lato anche tu completamente svuotata di forze.
Ti fisso, il tuo viso madido di sudore, i capelli arruffati ti donano un'aria ancora più sensuale, le labbra semisocchiuse ti rendono tremendamente erotica, una goccia di piacere cola fuori, all'angolo della tua bocca, mi fissi, non dici nulla, "sei mia" dico con un filo di voce, i tuoi occhi cercano i miei "chissà" è la tua risposta, le mani a fare da cuscino al tuo capo. Mi alzo e ti bacio.
Questa volta ricambi senza opporti, le nostre lingue si intrecciano. Sciolgo i nodi che ti tenevano immobile al tavolo e vado a sedermi sul divano.
Accendo lo stereo e, come al solito, da quanto sei sparita, i Madredeus iniziano a suaonare la loro musica.
Mi raggiungi e ti accoccoli vicino a me, i tuoi seni sul mio petto e la tua facci scompare tra spalla e collo, sento calmo il tuo respiro.
Ti abbraccio e, rilassandoci entrambi ci lasciamo andare alle emozioni della musica. Le nostre mani si cercano ancora.
Nei miei pensieri le tue parole.... "già, chissà!".

Piazza dei SIgnori

La mattinata scorre via tranquilla mentre, seduto al tavolino, aspetto il mio caffè; la giornata è bella, c'è un bel sole che scalda, poco vento.
Sono in piazza dei Signori, il salotto cittadino, grazie allo splendido scenario costituito dai palazzi che la compongono, dagli eleganti negozi.
Sul lato che guarda la Torre dell'Orologio, il Leone di S. Marco fa bella mostra di se dall'alta colonna romana in marmo, domina la piazza e richiama la memoria alla Serenissima;
Il cameriere arriva e mi porta quanto richiesto.
Mentre sorseggio il mio caffè, ti vedo arrivare insieme a tuo marito, dalla parte di Via Dante, sei sotto il suo braccio, sorridente e spensierata.
Sei vestita con un bel vestitino a fiori, leggero.
Si riesce a intuire la magnificenza del tuo seno, lo scollo non è eccessivo, come si confà ad una vera signora come te!
Non fai caso a quella persona seduta al tavolino che ti osserva fisso, senza abbassare lo sguardo da te, dal tuo corpo.
Vi avvicinate, inconsapevoli, sempre di più, intenti nei vostri discorsi.
Oramai mi siete a tiro di voce, ti chiamo: "Laura, ciao tesoro come va?", tu ti giri un po’ spaesata quando incroci il mio sguardo.
Nei tuoi occhi una vena di paura, mi saluti un po' intimorita, tuo marito ti chiede chi è quel tizio che ti saluta affettuosamente.
Ti anticipo, e soprattutto anticipo lui e mi presento come un tuo collega di lavoro, "salve sono Enrico, un collega di lavoro di Laura, piacere di conoscerla".
Gli stringo la mano, come al solito in maniera forte, quasi fosse una prova di forza.
"Piacere di conoscerti, io sono Oliver il marito di Laura".
Lo saluto e v’invito a prendere un caffè con me, allo stesso modo, con fare deciso, mi giro verso di te e ti bacio sulle guance avendo modo di sussurrarti ciò che voglio. "voglio le tue mutandine, ADESSO!"
Voglio che tu mi dia gli slip che indossi, adesso mentre sei insieme a tuo marito.
Vi faccio accomodare al tavolino con me e ordino.
Sei parecchio imbarazzata, lo si capisce da come i capezzoli si sono drizzati sotto la sottile stoffa del vestito.
Rimani seduta, non ti muovevi dal tuo posto ma si nota il tuo fremere, non riesci a stare ferma sulla sedia.
La pesante tovaglia che copre il tavolino mi consente di accarezzare la tua coscia.
Un leggero pizzicotto ti fa sobbalzare e, capito l'ordine, ti sei alzata per andare in bagno.
Hai chiesto dov'è il bagno e con gentilezza ci hai lasciati lì a chiacchierare.
Devo dire che tuo marito è una persona davvero piacevole, parliamo del più e del meno e ovviamente di te.
Gli dico che è un uomo fortunatissimo ad averti accanto, una bella donna, affascinante, che emana l'odore di una vera donna.
In un primo momento sembra ingelosirsi dei complimenti che sto facendo alla sua donna, ma poi le mie parole, e principalmente il mio tono di voce, calmo e distaccato, lo tranquillizzano.
Continuo a parlare delle donne e di te, di come sei sempre sensuale nelle tue movenze. Come un gatto.
Peso con estrema attenzione le parole che gli dico in modo da non lasciare intendere che si parli di te dal punto di vista "erotico".
Parlo con lui delle donne in generale e lo porto sul discorso delle "Femmine", lui risponde non facendo caso alla cosa, non rendendosi conto che io parlo proprio di te.
Lo porto a parlare di come sei tu, di come ti vede. Inizia a raccontarmi di come sei per lui, dice che sei una gran bella donna e che ti apprezza molto.
Parliamo anche di come ti vede come donna che lavora, mi dice che vede stanca quando torni dall'ufficio.
Nonostante la stanchezza, gli dico, deve essere davvero bello poter vedere una donna con un fascino come il tuo che gira per casa.
Per un attimo rimane silenzioso, chissà a cosa pensa; a te che giri per casa semi nuda e di come gli altri uomini possano desiderarti?
Eccoti arrivare, rapida ti fai strada tra gli altri tavolini occupati dagli astanti.
Alcune gocce di sudore imperlano la tua fronte. Arriva pure il cameriere con le ordinazioni.
Mi stendo ancora di più nella poltroncina di midollino che circonda il tavolino, tranquillo e rilassato.
Tu sei alla mia sinistra, hai in mano qualche cosa di chiaro stretto nel pugno. Da come stringi la mano, si capisce tutto il tuo timore di essere scoperta.
Fissi tuo marito, sembri aspettare il momento giusto. Io intanto ho li braccio sinistro dietro il bracciolo, dove tuo marito non può vedere.
Sei rossa in viso e agitata, tuo marito se ne accorge, mi chiede cosa c'è che non va.
"Nulla, è che Enrico mi ha fatto ripensare a delle pratiche in ufficio".
Per rompere il tuo imbarazzo attacco a parlare con lui di calcio, Oliver, per un attimo ti fissa, poi distratto dalle mie parole inizia a parlare.
Ha allontanando da te lo sguardo giusto il tempo che ti permette di fare la mossa giusta, la mia mano adesso è aperta ed aspetta.
Le nostre mani si sfiorano per un istante, ma ora quell'oggetto bianco non è più nelle tue mani, ma nelle mie.
Sono ancora calde, tu ti senti sollevata e ti rilassi comoda sulla tua sedia.
Ora inizi pure a sorridere e sentirti a tuo agio, ti rilassi ma non hai il tempo per farlo perché io, mentre mi accingo a bere il mio caffè, poggio la mano sinistra sul tavolino faccio uscire un lembo della tua candida mutandina.
Finisco di sorseggiare il caffè. Poso con calma la tazzina e mi porto la mano sinistra alla bocca.
Con calma me le porto al naso, voglio sentire quel profumo. Il tuo profumo.
Il Profumo della mia schiava. Tuo marito distratto dalla discussione che si fa sul calcio non presta attenzione a quello che ho tra le mani.
Per poco non ti va tutto di traverso, fai cadere qualche goccia di caffè che per fortuna non sporca il tuo vestito.
Oliver si gira verso di te e vede solo che ti asciughi un po’ di sudore vicino le labbra.
La mia mano copre abbastanza bene il tuo slip, noto che è ancora umido, segno che l'eccitazione della cosa era tanta.
Sono bagnate del tuo succo ne sento nettamente l'odore ed il sapore mentre le passo sulle labbra.
Tu segui con lo sguardo tutti i miei movimenti alternandolo a controllare cosa tuo marito sta guardando. Io con calma e tranquillità, le ripongo nel taschino della giacca.
I tuoi slip sono, adesso, nel taschino della mia giacca ed escono un po’ fuori, così come si fa per un fazzoletto da taschino.
Sono magnifici nel loro bianco candido e pieni ancora del tuo odore.
Chiacchieriamo ancora un po’, poi, finita la consumazione, ci alziamo tutti e tre.
Io saluto tuo marito con una stretta di mano decisa, come del resto faccio sempre, e mi giro verso di te.
Nel salutarti con un bacio sulla guancia.
Un bacio che bacio non è perché la mia lingua cerca la tua pelle per sentire anche il tuo sapore, ti palpo il culo, anche alla presenza degli altri.
Le mie dita affondano tra le natiche facendo finire la leggera stoffa del vestito tra di esse.
Mi stacco da te e, girandomi verso tuo marito gli dico, facendo in modo che sentano anche gli altri clienti seduti ai tavoli:
"Hai davvero una bella moglie, devi stare attento a che non te la rubino".
Tu vai verso di lui e ti metti sotto il suo braccio.
Vi girate ed andate via.
Vi guardo andare via, il tuo vestito è ancora infilato tra le tue magnifiche natiche.

Sorpresa

E' passato un bel po' di tempo da quando sei venuta l'ultima volta. Vero che non vengo più tanto spesso a Padova ma poterti rivedere mi fa tanto piacere. Ti ho inviato un messaggino sul cellulare avvisandoti che ero qui, mi hai risposto “ci vediamo oggi pomeriggio, verso le 15”.
Da quando sei venuta qui l'ultima volta ho cambiato qualche cosa in questa stanza, non c'è più il divano al centro ma l'ho spostato su di un lato per far posto alla pedana che userò per giocare con te.
Sono nervoso, il tempo sembra non passare mai ed ogni tanto mi ritrovo a guadagnare ansioso l'orologio, mi preparo un caffè.
Nella mia mente ritornano nitide immagini delle nostre scorribande, mentre il profumo di caffè si diffonde in cucina sento il rumore delle chiavi nella toppa. “Tlack-tlack”, continuo il mio rito e rimango ad osservare il vapore uscire dal beccuccio della moka.
Rumore di passi nel corridoio, chiavi lasciate cadere su tavolino. Ticchettio di tacchi, sei tu!
Entri in cucina, sono ancora girato di spalle, “ciao, sono venuta”, la tua voce sembra ancora più piacevole alle mie orecchie, non mi giro, non dico nulla, ancora passi, sei dietro di me e mi abbracci, chiudo il gas, il caffè è completamente salito, mi giro, ti guardo negli occhi, “ciao puttanella”, stai per dire qualche cosa ma non ti lascio il tempo. Ti stringo a me e ti bacio, ti lasci andare, le mie labbra scivolano sulla tua pelle, bacio il tuo collo, la lingua inizia a percorrerlo, il tuo sapore, il tuo odore, nuovi piacevoli ricordi.
Ti allontano da me, ti fisso negli occhi, “vai di la e preparati, rimani solo in intimo”.
Titubante rimani per un attimo a fissarmi, mi giro e verso il caffè in una tazzina, “s-si, vado” ti sento pronunciare a bassa voce.
I tuoi passi che si allontanano rimbombano nella mia testa.
Sento che ti fermi per un istante all'ingresso della stanza. “Cosa è successo? Cos'è questa pedana?”
Vedi le catene che penzolano dal soffitto, “Che vuoi farmi, cosa sono queste catene, mica mi vuoi fare del male?”, La tua voce impaurita riecheggia in tutta la casa.
“No, non ti preoccupare, sai che non ti farò mai del male”, chiarisco un po' seccato, “ e poi tu sei mia, sei la mia schiavetta e sei qui perché io lo voglio, chiaro?” aggiungo con un tono di voce stizzito.
Non mi rispondi, silenziosa te ne stai li, ferma sull'uscio della stanza.
“Allora? Ti muovi? O debbo venire io li a spogliarti?”.
“Ok, va bene, mi spoglio” sussurri con la voce quasi rotta dal pianto.
Sorseggio tranquillo il caffè mentre sento che ti spogli. Sento distintamente il suono della zip che scorre e il cadere della tua gonna sul pavimento, poso la tazzina e ti raggiungo, sei girata di spalle, indossi le calze con il reggicalze e un perizoma nero.
Il tuo culo....
è ancora più bello di quanto ricordassi, il tuo culo.
Nella stanza sento il tuo profumo di femmina, mi avvicino a te, non ti giri.
Stai per farlo quando ti ordino “non girarti, rimani così”, mi avvicino e ti sussurro in un orecchio, “sei ancora più bella di quanto ricordassi, adesso ti benderò e ti legherò. Voglio che tutti i tuoi sensi siano super sensibili ad eccezione della tua vista. Perché per te oggi c'è una sorpresa”.
Ti faccio salire sulla pedana, ti prendo le mani e le alzo verso l'alto, legandole alle catene penzolanti.
Guardi silenziosa ciò che faccio, sento il tuo respiro, le tue labbra semiaperte, un impercettibile suono.
Mi chino e ti allargo le gambe, il tuo odore è per me inebriante e la tentazione di prenderti adesso è forte ma resisto. Lego prima una caviglia, poi l'altra.
Ora sei in mio possesso, non puoi fare nulla, mi allungo sul tavolino e prendo il foulard nero, lo piego e ritorno verso di te. Sono davanti a te adesso, mi guardi dritto negli occhi, socchiudi impercettibilmente la bocca, guardo nei profondo dei tuoi occhi e leggo in essi il tuo totale affidarti a me. E' un istante ma sembra un'eternità, ti bacio appassionatamente.
Rispondi con passione a quel bacio, le nostre lingue si intrecciano come i corpi di due amanti in un groviglio di passione. Vorrei non staccarmi da te, e nemmeno tu lo vorresti ma le mie mani già stanno iniziando a coprire quei magnifici occhi, stringo dolcemente il nodo per non farti male. Con non poche difficoltà mi stacco dal tuo bacio tanto da sentire lo schiocco delle nostre labbra che si staccano.
Ora non puoi vedermi. Sono gli altri sensi adesso che devi affinare per cogliere tutte le emozioni che ti offrirò.
Ritorno in cucina per un'altra tazza di caffè, ora sei sola nella stanza, puoi solo ascoltare quello che accade intorno a te, il tuo olfatto inizia a percepire gli odori di legno e pelle degli oggetti che sono presenti nella stanza. La tua mente comincia ad associarli agli oggetti.
Il frustino, la pelle del divano, l'odore di legno della pedana. Anche l'udito si va affinando riconoscendo i vari suoni. Mi senti mentre prendo lo zucchero e lo aggiungo nella tazzina, il versare del caffè e il tintinnio del cucchiaino mentre lo giro nella tazza.
L'avvicinarsi dei miei passi. Mi vedi mentalmente mentre attraverso la stanza e ti passo affianco, senti il mio sprofondare nella poltrona davanti a te.
Ti agiti per un attimo cercando di muoverti, di liberarti da quella posizione che ti obbliga a rimanere completamente indifesa nei miei confronti.
Il tuo respiro si fa più affannoso, vedo la lingua umettare le labbra che si stavano seccando.
Hai i capezzoli ritti che premono nella leggera stoffa del reggiseno.
“Laura”, sussulti al sentire la mia voce, un leggero tremito ti percorre la pelle nuda, i capezzoli si rizzano ancor di più.
“Laura, sei davvero bella lo sai?”, dico calmo, “il tuo Oliver è davvero un uomo fortunato ad avere una simile femmina al proprio fianco”.
Sorseggio il caffè ed aggiungo, non sai se parlare oppure no, alla fine dici timorosa “grazie mio padrone, si, Oliver è davvero fortunato ad avermi accanto, io lo amo da morire”.
Senti che mi alzo, cerchi di capire cosa stia per succedere, ma non riesci, dai suoni, a capire cosa io stia facendo, cosa sto prendendo.
Mi senti armeggiare con qualche cosa, ho preso un grosso foulard a cui ho fatto un nodo al centro, “apri la bocca, dai” ti dico avvicinandomi a te, ubbidiente assecondi i miei ordini, “di più, forza”.
Ora hai la bocca spalancata, ti posiziono il foulard in modo che il nodo riempia in parte la tua bocca e poi lo lego stretto dietro la tua nuca, ora non puoi più chiudere la bocca, tantomeno puoi parlare.
“Ummhhhhffff”, cerchi di dire qualche cosa ma uno schiaffo sul culo ti fa sobbalzare, “ora sei davvero mia, ed io voglio giocare un po' con te, ti voglio mia!”
Un altro schiaffo colpisce l'altra natica, questa volta con più forza, sobbalzi al colpo inaspettato, “Ummhhhhffff-Ummhhhhffff”, ti accarezzo lungo le cosce semiaperte, l'interno delle tue gambe è morbido e vellutato, arrivo fino all'inguine, accarezzo la stoffa che mi separa dal tuo sesso, ti muovi coi fianchi, sei già bagnata, rimango ad accarezzarti per alcuni lunghi, interminabili istanti mentre osservo il tuo inarcare la schiena. Porto le dita al naso e ne assaporo il profumo.
“Sei già un lago tra le cosce, troietta, ti mancavo eh!”
“Ummhhhhffff”, cerchi di rispondere senza riuscirci, mi godo l'inebriante profumo che emani e rimango alcuni secondi a guardarti.
La canna, ecco cosa ci vuole per te, mi senti prendere qualche cosa, non capisci subito cosa. La agito con forza per aria, ne senti il suono e capisci, inizi a muoverti in preda alla paura, quel suono nell'aria ti fa ricordare qualche cosa, ti vedo sempre più agita, muovi la testa come se volessi liberarti della benda che ti copre gli occhi, vuoi vedere cosa sta succedendo.
“Sai, ho ripensato a noi in tutto questo tempo in cui non ci siamo più visti”, inizio a parlarti tranquillo, con la canna sfioro i tuoi seni, ti ritrai, impaurita
“a tutte le cose che abbiamo fatto insieme, alla prima volta che ci siamo incontrati, sei davvero una schiava magnifica, docile e sottomessa”, parlo a ruota libera, mentre giro intorno a te, osservando tutte le tue forme, la rotondità dei tuoi seni ancora costretti nella stoffa leggera del reggiseno, i tuoi fianchi sinuosi, il tuo splendido culo, sodo come quello di una ventenne, il ventre morbido, le gambe tornite, le tue splendide mani, le dita affusolate.
“Peccato non poter guardare i tuoi occhi, ma debbo farti una sorpresa, una sorpresa che non ti aspetti.”
Continuo a girare intorno a te ed a ricordare le nostre avventure,
Ricordi quando ho conosciuto il tuo Oliver, ero seduto al bar e ti ho visto per strada insieme a lui, conservo ancora i tuoi slip sai?”
E la mattina che venni sotto casa tua per la prima volta? La ricordi? Mi sembra ancora di sentire il dolore di quel graffio”, Slap, secco parte il primo colo sul tuo culo.
“Ahhhhhh” il tuo grido è soffocato dalla stoffa che preme sulla tua bocca,
“eppure mi piace quando reagisci così, sembri una gatta indomabile”, slap-slap, nuovi colpi ti raggiungono, ti contorci, strattoni le catene che ti legano ma non puoi nulla,
“certo che poi mi sono preso la rivincita quando siamo andati sui colli, ti ho punita per benino”,
“Ummhhhhffff-Ummhhhhffff- Ummhhhhffff-Ummhhhhffff”, vuoi gridarmi qualche cosa ma non puoi.
Mente giro intorno te il mio sguardo cade sulla tazzina del caffè posata sul tavolino, mi allungo a prenderla, ne verso alcune gocce tra i tuoi seni, rimani immobile, non sai cosa sia questo liquido ma l'odore intenso lo riconosci,
“ricordi?”, lecco avidamente il rivolo lasciato dalla nera sostanza,
“sai, scottava quel caffè che volontariamente mi facesti cadere addosso, questo invece no, non scotta”, pizzico i tuoi capezzoli, sono ritti e duri, sei eccitata.
“ehi, cos'è tutta questa eccitazione, anche per te sono i ricordi?” esclamo anche io eccitato, accarezzo i tuo i fianchi, il tuo ventre morbido, sei davvero calda, ti muovi sinuosa al contatto della mia mano, sento i tuoi gemiti di piacere per quel dolce contatto.
“Mi allontano per un po', preparo la tua sorpresa”, mi abbasso e bacio il tuo ombelico, sei profumatissima.
Esco dalla stanza e prendo il cellulare, compongo il numero, alcuni squilli poi dall'altro capo una voce mi risponde, la voce rotta dall'emozione, “Ok, adesso puoi salire” dico e aggancio.
Passano si e no 5 minuti, forse meno, toc-toc, toc-toc, toc, è il segnale convenuto, percorro il corridoio ed apro la porta, “entra, lei è già di la” dico sottovoce, “mi raccomando non fare rumore e principalmente non parlare” aggiungo.
Il nuovo arrivato mi guarda e annuisce con un gesto, si toglie il giaccone e mi segue silenzioso.
“Rieccomi, puttanella mai, è arrivata la sorpresa per te”, ti inizi ad agitare, cercando di capire cosa ti possa succedere o cosa possa essere la sorpresa che ti ho preparato.
L'ospite rimane fermo, immobile sull'uscio della stanza a guardarti estasiato, non può ancora vedere il tuo viso perché è alle tue spalle, è imbambolato a guardare il tuo corpo, gli faccio cenno con la mano di avvicinarsi, gli tocco le mani, sono calde, forse non noterai la differenza,
Le porto sulla tua schiena e le faccio scorrere lungo il tuo corpo, ti sta accarezzando ma non ti rendi conto che non sono le mie mani, ma sono le mani di un altro.
Istintivamente, ti spingi col culo all'indietro, le mani continuano a scendere lungo la schiena, aspetti che ti accarezzino il culo già segnato dai colpi ricevuti, le mani dell'ospite si soffermano sulle tue morbide rotondità, ne sentono l'intenso calore.
Le faccio risalire, ed automaticamente seguono i miei movimenti, le posiziono all'altezza del tuo reggiseno, “nuda, adesso ti voglio nuda” esclamo facendo cenno a lui di slacciarti il pezzo di sopra, tremante esegue, uno scatto secco e...“Ummhhhhffff”, il tuo seno si libera dall'indumento, “ora stacco le spalline e lo tolgo”, non ti rendi conto ma sono più di due mani che stanno sfiorando il tuo corpo. Il reggiseno è stato tolto, lanciato sul divano.
Mi stacco da te mentre il mio ospite inizia a girare intorno a te per ammirare il tuo corpo, ha preso coraggio, osa sfiorarti, ti accarezza i seni, giochicchia coi tuoi capezzoli, li pizzica con delicatezza, si vede che ci sa fare, che sa come farti eccitare, inizi a gemere.
Appena si stacca da te mi avvicino e, con decisione, strappo il sottile filo di stoffa che cinge i tuoi fianchi. Anche il perizoma è tolto, oramai inservibile perché strappato. Lo passo a lui che con immenso piacere lo porta la naso e o annusa voluttuosamente.
Lo guado mentre fa un gesto particolare, è di fronte a te, ti sta guardando, sei nuda davanti a lui, lecca avidamente gli umori che hanno inumidito il tuo intimo, è eccitato da morire.
Gli prendo di nuovo la mano e la porto tra le tue cosce, “cerca di allargare ancora di più le cosce puttanella” ti ordino in un orecchio, ubbidiente ti lasci andare verso il basso sorreggendoti con le mani alle catene e, piegando le ginocchia cerchi di allargare più che puoi le gambe, ti accarezza il sesso caldo e umido di umori, affonda due dita nella figa, simula in gesto di un amplesso. Gemi portando avanti il bacino per facilitare i movimenti delle dita che ti penetrano.
Ti stai facendo scopare, adesso però sono io che lo fermo e faccio una cosa che non si aspetta, gli faccio sfilare le dita oramai piene dei tuoi umori, e, guardandolo dritto negli occhi, come a sfidarlo, me le porto alla bocca e ne succhio il liquido vischioso che è rimasto appiccicato.
Rimane interdetto per un attimo, non capisce, siamo in due adesso ad averti, sei di tutti e due.
Sei nostra.
Gli lascio la mano e mi siedo sulla poltrona, il silenzio torna nella stanza, solo i tuoi gemiti.
Mosto a lui quello che c'è a disposizione per punirti, tergiversa per qualche secondo, non prende nulla, vuole usare le sue mani.
Sciaff ti arriva il primo schiaffo, forte, deciso, fai quasi un salto, non te lo aspettavi, così improvviso, dopo quei lunghi attimi di piacere non immaginavi che arrivasse il momento della punizione.
Hai subito il colpo, eri ancora rilassata per l'eccitazione della penetrazione e non hai retto, sei crollata rimanendo appesa per le braccia mentre un forte tremito ti piega le gambe.
“Aaaaahhhhhhhh” uno strillo appena soffocato ti fa capire cosa sta per succedere,
“Alzati, muoviti, dritta su quelle gambe ed inarca bene la schiena, il tuo culo deve essere bene in mostra” ti ordino perentorio mentre sono seduto.
Non capisci cosa sta succedendo, un altro schiaffo colpisce il tuo culo.
“DRITTA!” ti urlo, intimorita dall'ordine ti raddrizzi sulla schiena e porgi con maggiore decisione il culo.
Altri colpi partono a mani nude, l'ospite sta iniziando a prenderci gusto, sta iniziando a divertirsi.
Le tue natiche diventano sempre più rosse ad ogni colpo, non posso vedere come sobbalzano ma dal suo sguardo so che deve essere uno spettacolo.
Si ferma per alcuni secondi, ti accarezza le chiappe ormai livide, per te sembra una scossa elettrica che ti percorre la pelle, cerchi di divincolarti inutilmente.
“Ti piace fare la puttanella, vero?” dico dalla poltrona
Non capisci cosa sta succedendo, la mia voce da una parte e subito dopo le mani che toccano il tuo corpo dall'altra.
“Ummhhhhffff-Ummhhhhffff”
“eppure ti dovrebbe piacere tanto, ricordo che quando andammo a quella festa in villa ti sei fatta fare di tutto”
“Ummhhhhffff-Ummhhhhffff”, ti muovi scompostamente,
“fai un cenno col capo, Sei o no la mia schiavetta?”
Quelle mani non ti accarezzano più sono andate ad afferrare qualche cosa, qualcosa di grosso.
“Allora? Sto aspettando la tua risposta, Sei o no la mia schiavetta? Sai che non mi piace aspettare. O vuoi subire una punizione ben più dura?”
Passano alcuni secondi e fai cenno di si con la testa ma è troppo tardi, il battipanni ti colpisce tra le natiche e le gambe, dove fa più male.
“Aaaaahhhhhhhh - “Aaaaahhhhhhhh”, vedo distintamete le smorfie di dolore che compaiono sul tuo volto, compaiono alcune lacrime lungo le tue guance mentre altri colpi infieriscono sul tuo culo oramai provato.
“Basta così, sei stata punita abbastanza per oggi, ora solo coccole” i colpi finiscono, per un po' ti lasciamo sola, legata in mezzo alla stanza.
Ti torno vicino e, da dietro, ti bacio sul collo, salti per la paura di una nuova punizione, punizione che non arriva, senti il calore delle mie labbra che dolcemente sfiorano la tua pelle, lentamente ti tranquillizzi e ti lasci andare a quelle dolci carezze.
Mi sposto davanti e continuo baciarti, “ti tolgo il bavaglio ma devi promettermi che non proferirai parola”, fai cenno di si con la testa.
Lo slaccio, ed un sospiro di sollievo esce dalle tue labbra.
Ti bacio sulla bocca e tu immediatamente ricambi.
Due mani ti accarezzano i seni cingendoti i fianchi, “ma...” spati pronunciando qualche cosa, “ssshhhh, non devi parlare” ammonisco,
“s-si, va bene”,
“shhhhh, zitta”
le mai continuano a carezzarti le mammelle, le accarezzano, le strizzano, fanno scorrere i capezzoli tra le dita.
Hai capito che non sono solo, vorresti non succedesse ma sei troppo stanca ed eccitata, ti lasci accarezzare senza reagire. Quelle mani che giocano con il tuo corpo ci sanno davvero fare, sanno come prenderti, come farti eccitare.
Mentre quelle mani ti accarezzano i seni la mia mano scende sulla tua pancia fin giù a giocherellare per un attimo coi riccioli che coprono il monte di venere, le dita prima giocano coi peli poi si intrufolano tra le pieghe della tua carne cercano qualche cosa, un punto che sanno essere fonte di un tuo piacere, le instradi con movimenti dei fianchi facilitandone la ricerca.
Senti un corpo caldo che si appoggi dietro di te, c'è qualche cosa di duro caldo e pulsante che si posiziona nel solco delle tue chiappe ancora doloranti, la mia mano ti spinge verso quel corpo caldo.
“Aahh”, gemi, le mie labbra si accostano di nuovo alle tue soffocando il suono del tuo gemere, mani sul seno, mano tra le cosce che ti eccitano, un membro caldo e duro dietro di te, la passione e l'eccitazione aumentano, così come il tuo respiro che diventa sempre più affannoso.
Le mani si staccano dal tuo seno, l'altra mia mano ne prende il posto, ti senti allargare il culo, una lingua si intrufola tra le tue cosce e lecca per alcuni secondi la tua figa bagnata, poi si sofferma con interesse sul tuo fiorellino, si intrufola senza troppa difficoltà, ti sta rilassando, le dita della mia mano oramai hanno trovato un varco scivoloso tra le grandi labbra ed affondano nel tuo sesso, sei in nostra balia, ma vuoi che sia così, vuoi essere posseduta.
Uno sputo e la saliva cola sul buco del tuo culo, cappella che si appoggia e spinge dolcemente, ti tengo per non farti andare in avanti, intanto continuo a baciarti con passione.
Lingue intrecciate, culo che si dilata, figa, aperta dalle dita, piacere che parte da ogni angolo del tuo corpo.
Il cazzo si fa subito strada nel tuo culo, senza la minima difficoltà, non è il mio che fatica nell'operazione, stavolta è solo un immenso piacere che ti pervade.
Assecondi i movimenti portando lo stesso ritmo di chi ti sta possedendo, ansimi sempre di più, le mie dita trovano un lago tra le tue cosce, la mia bocca si stacca dalla tua, lamenti di piacere escono sempre più forti dalle tue labbra.
I colpi aumentano di intensità facendoti sbattere ripetutamente addosso a me, sento le contrazioni del tuo sesso, stai venendo, “ooohhhh-ohhhh-ohhhhh, godo, siiiiiiii, siiiiii, SIIIIIII” urli il tuo piacere, gli spasmi del piacere prendono raggiungono anche il membro che con un improvviso eruttare riempie il tuo ventre.
Rimane fermo dentro di te mentre entrambi vi rilassate, le mie dita scivolano pian piano fuori dalla tua vagina, grondanti dei tuoi umori, la fronte madida, in viso contratto da una intensa smorfia di piacere, sei venuta come non mai.
Il membro ancora gonfio pulsa ancora nel tuo corpo, pian piano lo senti uscire.
Ti lasci andare spossata. Una mano accarezza il tuo culo, pochi secondi dopo la stessa mano accarezza anche il tuo volto, l'accarezza con una dolcezza infinita, poi un bacio appena accennato sulle tue labbra.
Riconosci impercettibilmente un odore, un odore che forse a te conosciuto ma non riesci a capire subito a cosa appartenga.
O forse a chi appartenga.
Ritorna il silenzio nella stanza, passi, qualcuno che si allontana, ascolti per capire cosa succeda.
Accompagno il mio ospite che intanto si è ricomposto, riprende il suo giaccone e lo indossa, lo saluto con una stretta di mano.
Rimaniamo così, guardandoci negli occhi, leggo nei suoi una incredibile soddisfazione e lo sguardo di chi ringrazia per il piacere ricevuto.
In silenzio mi saluta, apro la porta e mentre esce ad alta voce lo saluto.

“Ciao Oliver, è stato un piacere poterti avere con me oggi”

Dall'altra stanza senti distintamente quel nome.
Ora sai chi c'era.